Elezioni politiche 2018 – Cara coalizione politica che (spero) verrai, riprenditi l’Europa di Valeria Carmia

Alla chiusura dei termini, domenica 21 gennaio, il numero dei partiti che hanno presentato il proprio simbolo per essere ammessi alle elezioni politiche del 4 marzo ha toccato quota 103, anche se poi il Ministero dell’Interno ne ha ammessi ‘solo’ 75. C’è chi guarda a questi numeri esterrefatto, soprattutto se chi li osserva non è italiano e viene per di più da un Paese dove vige il modello maggioritario e (tradizionalmente) un sistema bipartitico o bipolare. C’è chi guarda a questi numeri con rassegnazione e senza troppo stupore di fronte al moltiplicarsi delle piccole formazioni che erodono voti ai partiti ‘più grandi’.

Da qualsiasi sentimento li si guardi, i numeri e la storia italiana indicano chiaramente che la costruzione di una maggioranza monopartitica è fantascienza. Nihil novi sub sole, in realtà.

La frammentazione politica dell’Italia, il pluripartitismo, la necessità di governi di coalizione, tra le altre cose, non sono novità dell’anno corrente, ma caratteristiche strutturali di democrazie quali quella italiana. Secondo il politologo olandese Arendt Lijphart (Patterns of Democracy, 1999) le coalizioni tra partiti sono necessarie in società fortemente divise, dove i partiti rappresentano diversi gruppi sociali che sono in forte contrasto tra di loro e divisi (per esempio, per religione, cultura, lingua, appartenenza destra-sinistra). In queste democrazie, che Lijphart chiama consensuali, si governa con coalizioni che sono fatte dopo le elezioni. Nell’Italia della Prima Repubblica governi di coalizione se ne sono avuti (anche se ‘grandi coalizioni’ non sono mai state fatte a seguito dell’esclusione sistematica dal governo del Partito Comunista). La Seconda Repubblica ha rotto con il passato ma ha mantenuto la presenza di coalizioni al governo.

È però fortemente mutato il contesto in cui queste coalizioni prendono forma, e non (solo) il contesto nazionale ma quello internazionale. Le coalizioni tra partiti diversi e anche tra anime dello stesso partito prendono oggi necessariamente forma in un contesto dove non solo la differenziazione politica tra i centri è sfumata, ma la politica si è troppo spesso presentata in funzione di riassetto di regole amministrative-burocratiche-economiche imposte dall’Eurozona. Ovvero, la logica di funzionamento della governance dell’Eurozona sta incrementalmente ponendo delle pressioni che i governi nazionali non possono ignorare e per rispettare le quali sono necessari governi di larghe e responsabili coalizioni.

Eppure di quest’Europa nessuno parla, se non si è populisti. Purtroppo. Perché invece una riflessione profonda sull’impatto della governance dell’Eurozona può aiutarci a cogliere la spinta dell’UE verso la formazione di grandi coalizioni a livello nazionale, necessarie per sostenere le politiche europee. Si pensi ad esempio alla Germania, dove i maggiori partiti di centro-destra e centro-sinistra sono convenuti per anni verso un governo di coalizione, responsabile e rispettoso dei parametri dell’Eurozona. E tuttavia, in Germania e ancor più in Italia, i programmi politici delle coalizioni di governo che si sono susseguite sono stati difensivi (contro estremismi), conservativi, mai anti-europei ma nemmeno apertamente interessati ad avviare un dibattito onesto e profondo sull’EU e l’Eurozona, lasciando in questo modo spazio alle forze populiste di monopolizzare il discorso sull’Europa e di mobilizzare contro le politiche europee.

Uno degli ovvi problemi in Italia è sicuramente l’incapacità dei governi che si sono susseguiti di fornire risultati importanti e chiari. Questi governi hanno a ben vedere additato i ‘loro’ ritardi ai parametri imposti dall’Eurozona, senza però spiegare l’importanza di quei parametri e senza intraprendere un dialogo con la popolazione sul ruolo dell’Europa per la salvezza del nostro Paese, della nostra economia in primis.

In definitiva, anche alle prossime elezioni politiche ci attende una coalizione di governo, che – ci si augura –adotti provvedimenti a favore della ripresa economica, del lavoro e della riforma dell’amministrazione pubblica, tra le altre cose. A questo, si aggiunge l’auspicio che arrivi una coalizione che, tenendo a mente l’insegnamento dell’europeista Altiero Spinelli, abbia il coraggio di avviare un dibattito serio e costruttivo sulla governance europea, la legittimità delle istituzioni dell’UE, la giustificazione democratica del progetto europeo, riappropriandosi così di quel discorso sull’Europa che le forze populiste e nazionaliste stanno occupando da troppo tempo.

 

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