Intervista al sen. Aldo Di Biagio per capire come avvicinarsi al voto previsto il prossimo 4 dicembre.
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Di Ricky Filosa per “ItaliaChiamaItalia“
Conviene anche agli italiani nel mondo dire Sì alla riforma costituzionale. Per un’Italia più semplice e veloce, in grado di dare benefici e risposte più rapide a tutti gli italiani, anche a quelli residenti oltre confine.
Referendum. La battaglia politica è in corso. È corsa all’ultimo voto. Con quali sentimenti il sen. Aldo Di Biagio si avvicina all’appuntamento del 4 dicembre?
Con la serenità di chi cerca di far comprendere le ragioni di una determinata opzione di voto, ma anche con la consapevolezza di dover disarmare il clima di polemiche costruito intorno al Referendum. Un clima derivante in parte da polemiche costruite ad hoc, in parte da alcuni errori che sono stati commessi, a mio parere, anche dai sostenitori della riforma e che riguardano l’eccessiva personalizzazione che ne è stata fatta. Personalmente ritengo sia un errore pensare al Referendum come un’occasione per affossare il Premier e quello che cerco di fare, nelle occasioni di confronto, è portare l’attenzione sulle ragioni contenutistiche della riforma e sulle prerogative della legge che andremo a sostenere.
Senatore, veniamo subito al sodo. Sì o no? E perché?
Ovviamente sì! Per tante ragioni, ma principalmente perché sono anni che aspettiamo il superamento del bicameralismo perfetto. I tentativi di riforma sono stati formulati a partire dalla IX legislatura, parliamo degli anni ’70. Praticamente sono quarant’anni che cerchiamo di superare questo modello, che risulta non più al passo con i tempi e non più in grado di supportare il Paese, che necessita invece di slancio e velocizzazione dei processi. Parlo, ad esempio, in riferimento all’economia e alle attività produttive, per non parlare delle inutili pastoie che tanto fanno comodo ai nuovi conservatori.
Ma lei lo sa che se passa il Sì spariscono i senatori eletti dagli italiani nel mondo?
Sì, ne sono ben conscio, anche perché sono stato forse l’unico ad aver presentato una proposta di rettifica, anche provocatoria se vogliamo, per il mantenimento della rappresentanza degli italiani all’estero anche nel nuovo Senato. Non si è voluto dar seguito alla mia proposta, anzi per dirla tutta, molti di coloro che oggi si rivolgono agli italiani all’estero, allora si sono voltati dall’altra parte. Ne ho preso atto e non ne faccio una tragedia, perché non penso che il problema siano i numeri o le poltrone presenti in Parlamento nelle due Camere. Anche perché manca da sempre un organismo, come potrebbe essere una bicamerale, che consenta ai parlamentari eletti all’estero nei due rami del Parlamento di operare su obiettivi comuni. Oggi sembra emergere un’improvvisa preoccupazione per gli italiani nel mondo, da parte di chi non se n’è mai preoccupato. E in quegli ambienti sento dire “Votate No, perché tolgono i senatori eletti all’estero”, come se un certo numero di parlamentari sia imprescindibile! Non è importante il numero, quanto la capacità di lavorare comunemente e incidere su determinate logiche. Se il Parlamento è un postificio, il problema c’è. Se invece è un luogo dove lavorare e farlo seriamente, il problema è solo la qualità delle persone.
Dunque lei si prepara a votare il proprio suicidio. Non è da pazzi?
Non è da pazzi perché io credo che non si faccia politica per se stessi né per interesse personale, ma per il bene del Paese. Forse questo è un valore oggi dimenticato. Ho sempre interpretato il mio ruolo in maniera istituzionale, con l’obiettivo di dare un contributo al Paese.
Ma perché un italiano nel mondo dovrebbe votare sì a una riforma che elimina dal Senato i rappresentanti degli italiani all’estero?
Un po’ per le ragioni di cui parlavo prima. Per quanto riguarda il numero degli eletti all’estero, sono convinto che conti più la capacità personale di lavorare su un obiettivo e farlo con una visione di trasversalità e condivisione delle problematiche. Poi certo, c’è il fatto di portare avanti le battaglie in maniera incisiva. Ma il punto cruciale è anche il modo in cui si interpreta il ruolo politico-istituzionale: se lo si guarda come luogo del proprio interesse è un conto; se lo si guarda come luogo dell’interesse comune del Paese è un altro. Sono convinto che la Riforma darebbe uno slancio al Paese e se questo si realizzasse le ricadute sarebbero a beneficio di tutti i cittadini, entro e fuori i confini nazionali. Peraltro nel nuovo assetto, più snello, ci sarebbe una maggiore possibilità di incidere anche per i Parlamentari eletti all’estero.
Parliamo di lei e della sua campagna referendaria. È iniziato qualche tempo fa il suo tour in Europa per promuovere il Sì al referendum tra gli italiani all’estero. Quale aria ha respirato? Gli italiani d’Europa approvano o respingono questa riforma?
Sì, è una campagna faticosa ma al contempo molto stimolante. Ho avuto la sensazione che ci sia spesso molta poca conoscenza della questione e tuttavia, nel momento in cui si creano le condizioni di un approfondimento, si raggiunge una buona condivisione a livello di confronto e di dialogo. Certamente c’è chi la avversa convintamente, ma è normale e fisiologico che sia così. In ogni caso sono ottimista perché gli italiani all’estero sono in grado di affrontare le questioni che riguardano il Paese da una prospettiva in un certo senso distaccata, che consente loro una maggiore lucidità. Proprio per questo sono convinto che all’estero ci sarà una risposta positiva sul Referendum.
Lei è tra gli eletti all’estero che sono scesi in campo direttamente in questa campagna referendaria. Non tutti i 18 lo hanno fatto. Secondo lei perché alcuni hanno preferito finora il silenzio o si sono rivelati più timidi di altri?
Non lo saprei dire. Mi viene da pensare che ci siano sullo sfondo ragioni di comodo a cui io non sono interessato.
Lei vota e farà votare Sì. Ma crede che il Sì possa davvero vincere? I sondaggi sono sempre più favorevoli al No. Su Facebook si legge solo No. La strada del Sì è sempre più in salita…
I sondaggi vanno sempre presi con cautela, come ci hanno clamorosamente ricordato gli esiti delle elezioni USA. Per quanto riguarda i social ognuno ha la sua peculiarità. Facebook mostra un certo approccio e c’è un maggiore trascinamento emotivo tra gli utenti, ma già su Twitter, che è un mezzo differente dove le persone non si lasciano influenzare, la situazione è differente. In ogni caso quando si va a valutare le questioni con lucidità il buon senso della Riforma viene riconosciuto ampiamente.
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