In quali cantoni svizzeri gli stranieri hanno diritto di voto?

Un’analisi che evidenzia le modalità di voto per gli stranieri in Svizzera e in quali cantoni il loro voto è riconosciuto.

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Di Federico Bragagnini per “Swissinfo.ch

Da italiano nato nel cantone Giura, ho potuto votare nel mio villaggio di Bassecourt da quando ho compiuto 18 anni, sia per gli scrutini locali che cantonali. Oggi vivo a Berna e non ho più il diritto di recarmi all’ufficio di voto. Avevo del resto già perso questa possibilità durante la mia esperienza professionale a Lugano, poiché in Ticino in questo ambito la prassi è simile a quella in vigore nella maggior parte dei cantoni della Svizzera tedesca. Per Anita Manatschal, del Forum svizzero per lo studio delle migrazioni e della popolazione (SFM), la constatazione è chiara: vi è un “Röstigraben marcato in materia di diritti politici per gli stranieri; i cantoni della Svizzera francese hanno politiche chiaramente più liberali”.

Un ‘Röstigraben’ (o fossato dei Rösti, dal nome del tipico piatto della Svizzera tedesca) che potrebbe ulteriormente approfondirsi il 25 settembre prossimo se i cittadini di Neuchâtel avalleranno la proposta del parlamento di accordare agli stranieri il diritto di eleggibilità a livello cantonale. In altre parole uno straniero potrebbe sedere in parlamento o nel governo cantonale. Si tratterebbe di una prima assoluta in Svizzera.

Due concezioni della cittadinanza
“È molto sorprendente che il diritto di voto per gli stranieri non abbia praticamente nessuna chance nella Svizzera tedesca, anche se il tema è regolarmente rimesso sul tavolo”, rileva Anita Manatschal, autrice di una tesi di dottorato sulle politiche di integrazione nei 26 cantoni svizzeri.
Come la maggior parte degli specialisti della migrazione, spiega questa differenza essenzialmente con fattori linguistici e culturali: da una parte la Svizzera francofona influenzata dal liberalismo repubblicano alla francese, che adotta un approccio inclusivo nei confronti degli stranieri. Dall’altra i cantoni germanofoni impregnati del modello tedesco, in cui la cittadinanza è vista come l’ultimo stadio dell’integrazione, dopo che il nuovo arrivato ha provato la sua lealtà e la sua adesione ai valori della comunità.
Questi approcci diversi della nozione di cittadinanza sono effettivamente dei segni distintivi forti delle politiche cantonali in questo ambito. Politiche cantonali che sono relativamente stabili, rileva Anita Manatschal.

Osservando però da più vicino…
Da un’analisi più in profondità emerge però un quadro più sfumato. Il “Röstigraben” non appare più in modo così netto.
Anita Manatschal sottolinea il fattore urbanizzazione. I cantoni più restrittivi in materia di diritti politici sono quelli della Svizzera centrale o delle regione rurali, dove la proporzione di stranieri è bassa, mentre le città di Berna o Zurigo (germanofone e con una percentuale di stranieri più elevata) sono più aperte.
Valentin Zuber, dottorando presso l’SFM, rileva che non vi è uniformità nella Svizzera romanda. “Il Vallese [bilingue francese-tedesco, ndA] non ha mai fatto un passo verso la concessione di diritti politici agli stranieri. Per contro nei Grigioni [a maggioranza germanofona] il diritto di voto è accordato in circa il 20% dei comuni”.

Il caso giurassiano
Valentin Zuber ricorda anche il caso del Giura, uno dei cantoni più progressisti in materia. “Si tratta di un caso abbastanza sorprendente: cantone ultra-rurale e con una proporzione di popolazione straniera relativamente bassa, nulla predestinava questa regione ad accordare diritti politici così estesi agli stranieri”. Eppure il diritto di voto è stato iscritto subito nella Costituzione del nuovo cantone, che si è separato da Berna e ha raggiunto la Confederazione nel 1979.
Questo passo non è frutto di un processo democratico, ma è avvenuto piuttosto per ragioni ideologiche, spiega Valentin Zuber: “Per evitare le critiche di ‘etnicizzazione’ della causa giurassiana, si è optato per una definizione molto inclusiva del popolo giurassiano, ossia l’insieme degli abitanti del cantone, senza criteri di lingua, religione o migrazione. E questo diritto di voto non è mai stato rimesso in discussione, anche la destra si è adeguata”, rileva ancora Valentin Zuber.
Il professore Gianni D’Amato, direttore dell’SFM, relativizza l’eccezione francofona e sottolinea la dimensione politica nell’analisi dei passi in avanti o delle frenate in materia di diritti politici accordati agli stranieri. Ricorda ad esempio che nel cantone Vaud la concessione di questo diritto a livello comunale è stata oggetto di un baratto politico: la destra ha accettato di iscriverlo nella nuova Costituzione in cambio del nullaosta della sinistra al meccanismo del freno all’indebitamento. Nel 2011 lo stesso cantone Vaud ha poi rifiutato di estendere il diritto di voto degli stranieri a livello cantonale.

Il peso dell’UDC
Valentin Zuber aggiunge che la presenza più o meno forte in un cantone dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che ha fatto della questione migratoria il suo cavallo di battaglia, ha un impatto notevole sulla questione.
Ad esempio, Zuber ritiene che nel 2010 il voto negativo di Basilea Città, cantone considerato molto aperto, sia la conseguenza del dibattito lanciato a livello federale dall’UDC, che negli ultimi anni ha promosso diverse iniziative anti-immigrazione.
Thomas Kessler è stato per dieci anni, dal 1998 al 2008, delegato all’integrazione a Basilea Città, attuando una politica considerata tra le più progressiste in Svizzera. Anche lui relativizza il fossato tra francofoni e germanofoni: se questi ultimi sono più riluttanti in materia di diritti politici, si distinguono anche per dei passi in avanti più pratici, ad esempio sotto forma di petizioni in favore degli stranieri o di diritto di partecipazione nei consigli scolastici e nelle associazioni. Aggiunge inoltre che gli svizzeri tedeschi sono molto più efficaci dei romandi nell’integrazione sul mercato del lavoro.

“La chiave del successo svizzero”
Il “Röstigraben” persisterà? Valentin Zuber pensa che le differenze rimarranno, perché le maggioranze politiche evolvono poco nei cantoni. A meno che una legge federale imponga un’uniformizzazione dall’alto.
Per Anita Manatschal, invece, la situazione non è così rigida. Il diritto di voto potrebbe prima o poi imporsi a Zurigo o a Basilea, sulla scia della progressione della popolazione di origine straniera.
Vi è infine un’altra opzione per gli stranieri (come l’autore di questo articolo) frustrati di non potere recarsi alle urne: dare il via alla procedura di naturalizzazione per acquisire il passaporto rossocrociato. Una strada che può avverarsi lunga, fastidiosa e costosa a seconda dei cantoni, ma che assicura di poter usufruire di tutti i diritti politici.

Quali cantoni, quali diritti?
Otto cantoni accordano agli stranieri il diritto di votare e di eleggere a livello comunale: Appenzello Esterno (per i comuni che lo desiderano, sistema dell’opting-in), Basilea Città (opting-in), Grigioni (opting-in), Friburgo, Neuchâtel, Giura, Vaud e Ginevra.
Sette cantoni accordano il diritto di essere eletti a livello comunale: Appenzello Esterno (opting-in), Basilea Città (opting-in), Grigioni (opting-in), Friburgo, Neuchâtel, Giura e Vaud.
Due cantoni accordano il diritto di votare e di eleggere a livello cantonale: Giura e Neuchâtel.
Nessun cantone accorda il diritto di essere eletti a livello cantonale: Neuchâtel vota su questo tema il 25 settembre.
Uno studio del 2015 del think tank liberlae Avenir Suisse ha mostrato che il numero di eletti stranieri nei comuni rimane modesto in Svizzera: 148 siedono nei legislativi comunali, 19 negli esecutivi. Praticamente tutti nella Svizzera francese.

23svizzera

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