Fuga di cervelli e di denaro

Gli italiani che lasciano l’Italia provocano una perdita per il nostro Paese, non solo a livello culturale ma anche economico.

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Di Francesco Veronese per “Corriere Canadese

L’Italia li cura, li cresce, fornisce loro un’istruzione che va dalla scuola materna alla laurea universitaria e poi li perde. Le decine di migliaia di italiani che ogni anno decidono di varcare i confini per andarsi a costruire una vita all’estero non rappresentano più soltanto la cosiddetta fuga dei cervelli – un capitale di talento e conoscenza inestimabile – ma costituiscono un vero e proprio sperpero di denaro per lo Stato italiano: un investimento a perdere, nell’ordine di decine di miliardi di euro. Con un sentito ringraziamento da parte delle Nazioni straniere che accolgono a braccia aperte questi immigrati, per la maggior parte giovani e altamente istruiti, oppure forti di una solida formazione e specializzazione professionale.
Quantificare il salasso – con tutte le variabili – rappresenta un rompicapo, anche se negli ultimi mesi analisti ed economisti hanno cercato di mettere sul tavolo della discussione dati e cifre certe. Le valutazioni più basse parlano di una perdita totale non inferiore ai 23 miliardi di dollari nell’arco del periodo che va dal 2008 al 2014.
Secondo i dati sviluppati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, lo Stato italiano investe e spende ogni anno per la formazione di ogni singolo cittadino in media 6mila euro per le scuole materne, 8mila euro per le scuole elementari, 9mila euro per le scuole medie e le superiori e 10mila euro per l’Università. In media, un laureato italiano pronto per essere inserito nel mondo del lavoro – a prescindere dal percorso di studi e dalla conseguente specializzazione – è costato alle casse dello Stato 163mila euro.
Insomma, la fuga degli italiani all’estero rappresenta una ricchezza per quelle Nazioni abbastanza lungimiranti da facilitarne l’accoglienza e l’integrazione.
Gran Bretagna, Germania, Svizzera, Francia e Stati Uniti (i cinque Paesi che hanno ricevuto il numero più alto di italiani nell’ultimo anno) hanno messo le mani su questo tesoretto, con un vivo ringraziamento per lo Stato italiano che si è preso la briga – sostenendone i costi – di fornire un’istruzione a questa forza lavoro pronta a contribuire sin da subito alle loro economie.
Altri Paesi, come il Canada degli ultimi anni, hanno preferito invece adottare altre politiche e invece di facilitare l’arrivo degli italiani, hanno preferito mettere in piedi un percorso ad ostacoli burocratico e linguistico che ha fatto da filtro e a volte da tappo all’emigrazione italiana. Ora, dopo nove anni di governo Harper, il nuovo esecutivo liberale ha l’occasione di invertire questa tendenza.

Corriere Canadese

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