“Il negoziato tra il nostro Paese e la Confederazione elvetica previsto nella Road Map di cui all’Accordo del 23 febbraio 2015 sta entrando ormai nel vivo e richiede pertanto un’attenzione particolare del Parlamento per monitorare da vicino i termini dei vari accordi che disciplineranno i rapporti fiscali fra i due Paesi apportando modifiche importanti a quelli finora vigenti. Proprio per questo non ho esitato ad apporre la mia firma ad una mozione dell’On. Enrico Borghi della quale si è iniziata oggi la discussione in Assemblea”.
Comincia così l’intervento dell’On. Alessio Tacconi (PD), deputato eletto nella Circoscrizione Estero – Europa. “Un monitoraggio è quanto mai opportuno – precisa Tacconi – per sgomberare il campo da possibili malintesi ed incomprensioni e giungere ad accordi chiari, su basi certe e convenienti, economicamente e politicamente, ad entrambi i Paesi”.
“Nella Road Map dell’anno scorso si prevedeva, tra l’altro, un nuovo accordo sul lavoro transfrontaliero in sostituzione di quello in vigore dal 1974. Dopo mesi di discussioni fra le parti l’accordo è stato finalmente siglato il 22 dicembre 2015”.
“In vista della ripresa dei lavori congiunti per il perfezionamento dell’Accordo, la mozione che abbiamo presentato intende richiamare all’attenzione del Governo e del Legislatore la necessità di subordinarne la firma e la ratifica alla formulazione di precise assicurazioni da parte delle autorità federali e cantonali svizzere di non voler procedere con iniziative discriminatorie nei confronti dei lavoratori italiani in contrasto con il principio di libera circolazione delle persone sancito dal relativo Accordo fra la Confederazione Svizzera e l’Unione Europea e i suoi Stati membri”.
“Sono motivo di preoccupazione, infatti, alcune iniziative unilaterali assunte soprattutto in alcuni cantoni che, in contrasto con gli accordi internazionali sottoscritti a livello confederale, non solo mettono in discussione il principio della libera circolazione, ma assumono una valenza ingiustificatamente discriminatoria e xenofoba”.
“Bene perciò hanno fatto i rappresentanti del Governo ad inserire nell’Accordo una clausola di salvaguardia che contempla che “la firma e il processo di ratifica dell’Accordo sui lavoratori frontalieri sono subordinati all’assenza di ogni forma di discriminazione e alla individuazione di una soluzione “euro-compatibile” nell’adeguare la legislazione svizzera al risultato del voto popolare sull’iniziativa del 9 febbraio 2014”. A queste condizioni l’Accordo raggiunto nel dicembre scorso mi sembra assolutamente condivisibile ed economicamente vantaggioso per entrambi i Paesi. Esso si basa infatti sui seguenti punti cardine:
– è fondato sul principio di reciprocità;
– fornisce una definizione di aree di frontiera che, per quanto riguarda la Svizzera, individua i Cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese e, nel caso dell’Italia, le Regioni Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Bolzano;
– fornisce una definizione di lavoratori frontalieri al fine dell’applicazione dell’accordo in questione e comprende i lavoratori frontalieri che vivono nei comuni i cui territori ricadono, per intero o parzialmente, in una fascia di 20 chilometri dal confine e che, in via di principio, ritornano quotidianamente nel proprio Stato di residenza;
– per quanto riguarda l’imposizione, lo Stato in cui viene svolta l’attività lavorativa imporrà sul reddito da lavoro dipendente fino al 70% dell’imposta risultante dall’applicazione delle imposte ordinarie sui redditi delle persone fisiche. Lo Stato di residenza applicherà le proprie imposte sui redditi delle persone fisiche ed eliminerà la doppia imposizione;
– sarà effettuato uno scambio di informazioni in formato elettronico relativo ai redditi da lavoro dipendente dei lavoratori frontalieri;
– l’accordo sarà sottoposto a riesame ogni cinque anni.
“L’intero pacchetto fiscale, soprattutto allorché si andrà a modificare la convenzione sulle doppie imposizioni del 1976, richiederà un monitoraggio puntuale su tutte le questioni che riguarderanno sia gli Italiani residenti in Svizzera (come per esempio la tassazione sul patrimonio immobiliare), sia quelli che vi lavorano attraversando ogni giorno il confine, sia, infine, i pensionati che sono rientrati in Italia”.
On. Alessio Tacconi (PD), Membro della Commissione Affari Esteri e Comunitari
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