L’Italia dovrebbe prestare maggiore attenzione ad una nazione che da tempo invia segnali chiari al nostro governo.
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di Eugenio Palazzini per “Il primato nazionale”
“È tempo che Roma ritorni ad Asmara”. È una chiamata e al contempo una dichiarazione di amore vera e propria nei confronti dell’Italia quella del rettore dell’Università di Asmara e di alcuni ministri della Nazione africana. “L’architettura, la cultura, la lingua: tutto in Eritrea richiama l’Italia”, hanno detto i rappresentanti eritrei come riportato da Adnkronos. “L’Italia potrebbe fare molto – ha aggiunto il ministro degli Affari economici Hagos Brehiwet – per le competenze che avete in materia industriale o anche energetica. Un settore, questo, dove investiremo la maggior parte dei finanziamenti ricevuti dalla comunità europea. Ma anche in materia mineraria e turistica. In questo secondo ambito con il rilancio di Asmara e della città vecchia di Massaua si aprono grandi opportunità.
Sì perché se l’Unione Europea ha appena stanziato 200 milioni di euro per programmi di sviluppo appositi per l’Eritrea, se la Germania ha iniziato ad investire e se, soprattutto, la Cina già dal 2001 concede prestiti, fornisce macchine agricole e finanzia di tutto, a partire dagli ospedali di Asmara e delle principali città eritree, come già riportavamo su questo giornale, l’Italia invece, come troppo spesso accade, sta a guardare. E dire che non è la prima volta che da parte del governo eritreo giungono segnali chiari al nostro governo: vi preferiamo a chiunque ma non ci considerate. In questo caso poi non si tratterebbe neppure di intervenire militarmente, come ci chiese il presidente della Somalia Hassan Sheick Mohamud che due anni fa non usò mezzi termini invocando una sorta di ricolonizzazione italiana: “L’Italia ricostruisca la Somalia come fece in passato”.
Basterebbe “farsi furbi” o più semplicemente capire che dovremmo avere un ruolo di primo piano in una nostra ex colonia, fosse solo per ovvi motivi culturali e storici. Eppure siamo sordi finanche di fronte ad opportunità economiche. “La riqualificazione urbanistica delle nostre città è uno dei progetti che avvieremo – ha dichiarato all’Adnkronos il ministro Brehiwet – le imprese edilizie italiane potrebbero fare un eccellente lavoro, così come nell’agricoltura e nel commercio, settore dove stiamo avviando importanti investimenti come gli impianti dell’industria del freddo nell’area portuale di Massaua”. Le nostre imprese quindi avrebbero, almeno a sentir dire gli eritrei, la strada spianata. Non soltanto, come giustamente fa notare il ministro dell’Agricoltura Arefaine Behere: “I terrazzamenti agricoli fatti in epoca coloniale sono ancora un modello. Adesso stiamo puntando molto sull’irrigazione per invasi, costruendo dighe di tre dimensioni a seconda delle necessità, in modo da garantire acqua tutto l’anno. Inoltre sviluppiamo progetti di microimprese agricole che garantiscono alle famiglie autosufficienza”.
Ma le opportunità per l’Italia non finiscono qua, anche nel campo dell’istruzione, considerando poi che l’italiano è ancora relativamente diffuso, le porte sono aperte.
Il rettore dell’università di Asmara, direttore della Commissione nazionale per l’alta formazione, Tadasse Mehari, ha lanciato a sua volta un appello al governo italiano: “Il numero dei nostri studenti cresce di anno in anno – ha spiegato – ma non abbiamo abbastanza insegnanti, quindi siamo sempre alla ricerca di personale qualificato che venga a lavorare qui da noi”. Salario mensile offerto? Dai 1200 ai 2 mila euro. In pratica ci offrono di riprenderci l’Eritrea settore per settore. Inutile dire cosa significherebbe un serio programma di intervento in questo senso da parte dell’Italia, anche considerati i flussi migratori che verrebbero disincentivati. Non ci resta che attendere la pronta mossa di Renzi. Su, non ridete.
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