Con la reputazione di essere l’intelligence migliore del mondo, in concorrenza solamente col Mossad, stavolta nel caso Prigozhin quella americana ha tenuto un atteggiamento indecifrabile.
L’intelligence americana si è comportato in maniera piuttosto strana rispetto alla questione del tentato golpe in Russia. Solitamente sono i primi a sapere tutto, ma stavolta è andata diversamente. O almeno è quanto si evince dal silenzio della Casa Bianca nel corso del 24 giugno e dalle successive “soffiate” alla stampa, che non hanno aggiunto nulla al quadro generale.
Il gruppo Wagner ha cominciato a mettere in atto i suoi propositi antigovernativi già dalla notte del 23 giugno. Nella mattina di sabato 24, ormai era chiaro a tutti che cosa stava capitando. Ma da Washington ancora non arrivavano comunicati ufficiali, né di sostegno a Prigozhin né di condanna. L’unico messaggio era stato mandato al Cremlino, per far sapere di non centrare nulla con i ribelli e non essere sospettati di voler fomentare un rovesciamento del governo legittimo di Mosca. La sera è stato poi diffuso un comunicato su una telefonata fra Biden, Macron, Scholz e Sunak. E poi anche quella di Blinken coi ministri degli Esteri del G7. Tutti hanno soltanto promesso di tenersi in contatto sui successivi sviluppi e hanno usato la formula di rito del “sostegno incrollabile” a Kiev.
Un paio di giorni dopo, fonti “riservate” hanno detto alla stampa americani che l’intelligence di Washington sapeva già praticamente tutto. Le mancavano solamente i dettagli, come ad esempio la data precisa dell’insurrezione. Conosceva invece in profondità i piani operativi di Prigozhin, ma li ha riferiti a pochi soggetti selezionati. Tra di essi, i colleghi britannici e la “Gang of Eight”, gli otto Congressmen che si occupano delle questioni più delicate. Gli altri Paesi NATO e pure gli ucraini sono invece stati tenuti all’oscuro. Considerazioni di opportunità politica hanno indotto al silenzio: questa è la giustificazione circolata sulla stampa.
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