Accordo per la settima “corta”

Ci sono diverse ragioni per cui si continua a considerare la settimana di 4 giorni. Uno degli obiettivi principali è migliorare il benessere dei dipendenti, offrendo loro un giorno extra di riposo durante la settimana. Si ritiene che questo possa ridurre lo stress, migliorare l’equilibrio tra vita professionale e privata e aumentare la soddisfazione e la produttività dei dipendenti.

Inoltre, la settimana di 4 giorni potrebbe avere anche benefici ambientali, come la riduzione delle emissioni di gas serra attraverso una diminuzione dei viaggi pendolari dei dipendenti. Potrebbe anche contribuire a una maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro e favorire l’innovazione.

Tuttavia, è importante notare che l’implementazione della settimana di 4 giorni richiede una pianificazione e un’organizzazione adeguata. Ci possono essere sfide in termini di copertura del lavoro e di adeguamento delle aspettative dei clienti o dei clienti. Inoltre, è necessario considerare il settore in cui si applica e valutare se questa riduzione dei giorni lavorativi sia fattibile e vantaggiosa per tutte le parti coinvolte.

Alcune aziende e organizzazioni hanno sperimentato la settimana di 4 giorni con successo, riportando benefici sia per i dipendenti che per l’azienda stessa. Tuttavia, la sua adozione su larga scala dipenderà da fattori culturali, legislativi ed economici specifici di ciascun paese o regione.

Si continua a parlarne, si sono fatti degli esperimenti limitati, l’idea in sé resta popolare, ma nel concreto siamo ancora vicini al punto di partenza – anche se un accordo recentemente raggiunto tra Intesa Sanpaolo e i suoi sindacati introduce una settimana ‘cortina’ di quattro giorni, ma di 9 ore ciascuno.

Intanto, anche il fronte dei lavoratori stessi non si consolida – in parte per la questione, sterile, di quale dovrebbe essere la giornata da ‘abolire’:  lunedì o venerdì? Un recente sondaggio inglese dà la vittoria a quanti (il 56%) vorrebbero fare a meno del venerdì rispetto a chi preferirebbe invece cancellare il lunedì (30%). Anche lì però emerge un nuovo distinguo: spunta un 8% che penserebbe piuttosto di ‘spezzare’ la settimana, liberandosi del mercoledì lavorativo…

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