Il cambiamento climatico creato dall’uomo sembra inconfutabilmente esistere. E bisogna correre ai ripari senza indugio alcuno. Ma come?
La migliore strategia sembra essere quella che prevede di sviluppare tecnologie sia verso la mitigazione che l’adattamento al cambiamento climatico. Per rimanere nel campo climatico, le così dette “nature-based solutions” (cioè quelle soluzioni basate sulla natura stessa), sono strategie di adattamento che rafforzano la resilienza dei sistemi ecologici. Quelle, per esempio, che puntano sull’approvvigionamento idrico durante le piogge o sulle aree verdi per alleviare le ondate di calore nelle aree urbane sono sicuramente esperienze da seguire.
Le tecnologie per l’adattamento comprendono soluzioni tecnologiche high-tech e low-tech ma anche soluzioni tecnologiche non brevettate eppure interessanti (best practices). Mi riferisco per esempio alla microirrigazione, ai pannelli che intrappolano la nebbia durante il periodo invernale o alle tecnologie di assorbimento dell’umidità. Inoltre, costruire case ben isolate dal punto di vista termico consente di mitigare le ondate di calore riducendo l’utilizzo di energia, per l’aria condizionata per esempio, che rappresenta comunque una cattiva pratica da disincentivare.
Accanto a questi, gli strumenti finanziari e le reti di sicurezza sociale svolgono un ruolo cruciale, in quanto le capacità finanziarie ed economiche sono essenziali per consentire la ripresa dopo eventi meteorologici estremi. Tali strumenti consistono, per esempio, in assicurazioni meteo in agricoltura o immobiliare, ma anche in regimi di recupero pubblico.
Mentre il Senato degli Stati Uniti ha da pochi giorni approvato il maggior investimento nella lotta al cambiamento climatico della storia americana, in Italia, la campagna elettorale sembra non voler prendere in considerazione le necessarie strategie di adattamento climatico con cui dovremo fare i conti in un futuro non tanto lontano. Questo, ovviamente, è un male.
Purtroppo Il Bel Paese, da sempre, si perde in campagne elettorali fatte di promesse da mercante, invece di concentrarsi sul risolvere i problemi di un “Paese difficile” come scritto da Piero Angela nella sua lettera di commiato da questa terra. Eppure il problema del cambiamento climatico tocca tutti, già oggi. Pensate che addirittura alcune indagini epidemiologiche hanno da tempo dimostrato il rapporto esistente tra rischio di malattie cardiovascolari, ritardo della crescita, insufficienza riproduttiva e altri problemi di salute e la durezza dell’acqua potabile o il contenuto in magnesio e calcio.
In questo senso, il censimento delle acque per uso civile, rilevazione condotta dall’Istat e inserita nel Programma statistico nazionale,unitamente ai dati dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sul monitoraggio quali-quantitativo della risorsa idrica, rappresentano una importante banca dati da cui attingere informazioni per arrivare ad un indicatore di previsione di quello che potrebbe accadere nei prossimi anni. Gli indicatori sulle condizioni di siccità in corso e sullo stato della risorsa idrica dovranno necessariamente essere il supporto all’implementazione della policy di settore prima di tutto per il Ministero della Transizione Ecologica.
Sarà cruciale misurare il progresso, in termini di soluzioni tecnologiche, che i governi adotteranno per mantenere fede all’accordo di Parigi stipulato nel 2015 che prevede un quadro globale su principi comuni validi per tutti i paesi al fine di limitare, ormai, le conseguenze del cambiamento climatico. Il tempo delle chiacchiere deve finire. È assolutamente giunto il momento di agire con forza e oculatezza.
Di Peter Ferri
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