In vacanza in Italia, nella mia Regione in Toscana, improvvisamente è accaduto l’inimmaginabile, cioè è venuta a mancare nei negozi e supermercati l’acqua minerale effervescente, sembra per mancanza di anidride carbonica da parte delle aziende del settore cioè la sostanza indispensabile per ottenere l’acqua con le bollicine. Una tragedia!!!
Ovviamente, appena si è sparsa la voce, tutti a fare incetta di quell’ “oro bianco” sia pure drogato dal CO2. Così, quando queste bottiglie sono diventate introvabili (per pochi giorni in verità), gli avventori più anziani – memori della loro gioventù – si sono affrettati a svuotare gli scaffali dei supermercati delle confezioni di “Idrolitina”. Ovvero quella bustina contenente una polverina magica che mescolata con l’acqua naturale la trasforma in acqua effervescente.
Una vera goduria per la generazione dei così detti “Baby boom” (cioè dei nati tra la seconda metà degli anni Quaranta e la seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso) quando tutti si beveva l’acqua naturale della fontana e quella minerale effervescente era ancora una specialità venduta in farmacia poiché indicata per particolari disturbi intestinali. Ecco proprio queste bustine del tempo che fu, tornate d’attualità, ritrovarmele oggi tra le mani e dimostrare la magia delle bollicine ai nipoti mi hanno spinto a raccontar loro – con alcuni esempi – di come si vivesse quando noi nonni avevamo la loro età:
Restando all’argomento acqua, un bene essenziale per la vita quotidiana (per dissetarsi, cucinare e per l’igiene personale), non tutti ne disponevano nell’abitazione non essendo collegati ad una rete idrica spesso inesistente, così ci si doveva procurare l’acqua andando a prenderla con dei secchi a qualche fontanella che sgorgava nelle vicinanze confidando nella loro potabilità non sempre attestata da un controllo dell’Ufficiale sanitario del Comune; nelle abitazioni, se andava bene, vi era un semplice gabinetto, altro che vasca da bagno o doccia, e ci si lavava all’acquaio in cucina oppure dentro una tinozza di lamiera zincata! abitando nei piccoli villaggi o casolari di campagna oppure nelle vallate alpine o della dorsale appenninica si era costretti a muoversi a piedi e, per risparmiare le scarpe o gli zoccoli, sotto le suole venivano impiantate delle lunette di ferro tipo quelle utilizzate dai ballerini di tiptap; da bambini, altro che “scuolabus”, a scuola – spesso lontana anche diversi chilometri – si andava a piedi e da soli fin dalla prima elementare e d’inverno ci si doveva portare dietro un pezzo di legno da mettere nella stufa per rendere meno fredda l’aula; ricevere un giocattolo, per un bambino, era un felice avvenimento che si verificava al massimo due volte l’anno – quando lo “portava la Befana” oppure era il regalo per il compleanno – per cui erano preziosi che dovevano durare molto tempo; gli abiti griffati?
Sia mai! Ai bambini ed ai giovani in età di sviluppo quando si comprava loro un paio di scarpe, i pantaloni, una giacca, un vestito si optava sempre per una o due taglie più grandi affinché potessero essere usati per due o tre stagioni, così inizialmente questi indumenti erano (molto) abbondanti per poi diventare striminziti; era un lusso possedere non solo un motociclo e tantomeno un’auto bensì perfino poter acquistare una semplice bicicletta; la colazione al mattino era una tazza di caffellatte con una fetta di pane raffermo consumati in cucina, altro che cappuccino e briosce al bar, mentre la merenda consisteva sempre in una fetta di pane – in questo caso – accompagnata da una pigna d’uva di quella presa nei campi vicino casa, oppure sempre una fetta di pane con una strusciatina di burro, oppure bagnata di vino, cosparse con un leggero velo di zucchero e, qualche volta, evviva evviva, un panino con una fetta di mortadella; la carta ad uso igienico? Un sogno perché a quel tempo proprio non esisteva!
Di carta ne esisteva solo due tipi ad uso alimentare, quella gialla (ricavata dalla paglia) per incartare gli alimenti asciutti e quella oliata utilizzata invece per i prodotti untuosi; le vacanze? per quelle poche famiglie che se la potevano permettere esisteva solo la “villeggiatura” al mare oppure in montagna, comunque sempre in località molto vicine, altrimenti le vacanze si trascorrevano a casa e, in estate, andando a fare il bagno nel corso d’acqua più vicino portandosi dietro una saponetta approfittando dell’occasione per darsi anche una bella lavata; si aveva l’opportunità di visitare altri luoghi in Italia, se maschi, solo grazie al servizio militare di leva oppure, per chi se lo poteva permettere economicamente, in occasione del viaggio di nozze, mentre recarsi all’estero significava emigrare per andare a cercarsi una opportunità di lavoro.
Dopo aver raccontato ai miei nipoti questi (pochi) esempi di vita vissuta da noi nonni quando avevamo la loro età li ho, pertanto, sollecitati a non lamentarsi ed essere invece felici di poter vivere oggi godendo del benessere conquistato negli ultimi decenni grazie ai sacrifici e all’intraprendenza dei loro nonni e genitori nonché di apprezzare tutti i benefici che offre loro il progresso tecnologico. Dalla loro espressione mi è restato il dubbio di non essere stato convincente. Ahimè!
di Dino Nardi
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