Il Coranavirus mette alla prova la solidarietà degli svizzeri

Secondo il nuovo barometro della Catena della solidarietà, che si prefigge di valutare la disponibilità ad aiutare gli altri, la pandemia di Covid-19 sta mettendo alla prova la solidarietà in Svizzera. Le persone sono meno propense ad aiutare gli altri e sono meno unite. Secondo l’autore dello studio, i legami sociali sono scesi al minimo storico.

Le misure adottate contro il Coronavirus nel 2021e la vaccinazione hanno diviso la Svizzera.  Da un lato la “maggioranza silenziosa” che si è vaccinata rapidamente ed ha visto le misure come una rapida via d’uscita dalla crisi. D’all’altra, i critici che si sono ribellati alle misure restrittive prese dallo stato e alla pressione vaccinale.  Questo ha lasciato il segno sulla solidarietà degli svizzeri.

In Svizzera, come in molti altri Paesi, uno straordinario slancio di aiuto reciproco è stato osservato durante la prima ondata, per poi rallentare.

“Rispetto agli anni precedenti, i legami sociali sono scesi ai minimi storici a causa della scissione”, afferma Andreas M. Krafft, autore dello studio dell’attuale barometro della speranza, futurologo e membro del consiglio di amministrazione di Swissfuture.

Nel 2021, la disponibilità ad aiutare altre persone è diminuita del 68 percento, come mostra l’Hope Barometer 2022 dell’Università di San Gallo e di Swissfuture. Un anno fa, gli svizzeri avevano un cuore pieno di disponibilità. Da un quarto a un terzo della popolazione ha sentito un legame più stretto con altre persone. Solo il 15,7% dice di sentire un legame particolarmente forte.

La propensione ad aiutare gli altri sembra essersi concentrata nella sfera privata. Quasi un terzo delle persone che hanno aiutato membri della famiglia o vicini all’inizio della pandemia lo stavano ancora facendo quest’autunno. Il 46% ha mantenuto i contatti con i vicini. I pensionati hanno percepito la solidarietà nel loro ambiente personale più positivamente rispetto a prima della pandemia.

È stato anche chiesto chi dovrebbe fare di più per le persone bisognose. Le opinioni differiscono in base alla fascia di età: il 44% dei giovani tra i 18 e i 35 anni pensa che lo stato sociale dovrebbe aumentare i suoi contributi, mentre i 35-65enni ritengono che spetti alla famiglia o ai conoscenti. Una minoranza sostiene che siano le persone o le organizzazioni caritatevoli a dover agire.

Secondo il sondaggio, la pandemia ha aumentato le disuguaglianze sociali: il 17% ha detto di avere meno per vivere rispetto a prima. Le persone con redditi più bassi, in particolare, hanno avuto meno margine di manovra. Uno su dieci invece ha più mezzi a disposizione.

Il barometro è stato realizzato lo scorso settembre in collaborazione con l’istituto di ricerca Sotomo. Più di 3000 persone dai 18 anni in su di tutte le regioni linguistiche hanno risposto alle domande online.

 

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