Edizione 2018 del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes

Migrantes: dall’Italia partono giovani e giovani adulti   versione testuale

Roma I dati relativi alle partenze dell’ultimo anno dall’Italia comunicano che in questo momento stiamo assistendo ad un cambiamento: a partire sono sicuramente i giovani (37,4% sul totale partenze per espatrio da gennaio a dicembre 2017) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più importanti le si notano dai cinquant’anni in su: +20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% in quella 65-74 anni; +49,8% in quella 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su.
E’ uno dei dati presenti nell’edizione 2018 del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes presentato questa mattina a Roma.
Come leggere questi dati? Sicuramente ci si trova di fronte alle necessità di provvedere – spiega la Migrantes –  alla precarietà lavorativa di italiani dai 50 in su rimasti disoccupati e soprattutto privi di prospettive in patria (definiti nel Rapporto Italiani del Mondo “migranti maturi disoccupati”). Si tratta di persone lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che, comunque, hanno contemporaneamente la necessità di mantenere la famiglia. In quest’ultima, infatti, spesso si annida la precarietà a più livelli: la disoccupazione cioè può coinvolgere anche i figli, ad esempio, già pronti per il mondo del lavoro o ancora studenti universitari.
In questo stato di cose si inseriscono gli anziani per risolvere o tamponare la precarietà: la famiglia, cioè, si amplia fino a comprendere i nonni, scrivono i ricercatori Migrantes. Con il passare del tempo e l’evoluzione della mobilità italiana stanno emergendo “nuove strategie di sopravvivenza tra i genitori-nonni che sono inizialmente il trascorrere periodi sempre più lunghi all’estero con figli e nipoti già in mobilità”, fino al completo trasferimento di tutto o di buone parti dell’anno solare (si tratta del “migrante genitore-nonno ricongiunto”).
Un altro profilo da considerare è il “migrante di rimbalzo” ovvero chi, dopo anni di emigrazione all’estero soprattutto in paesi europei (Germania, Svizzera e Francia) oppure oltreoceano (Argentina, Cile, Brasile, Stati Uniti) è rientrato in Italia per trascorrere la propria vecchiaia “in paese”, ma rimasto vedovo/a, e magari con i figli nati, cresciuti e lasciati all’estero, decide di ripercorrere la via del rientro nella nazione che per tanti anni lo ha accolto da migrante e che oggi, stante le difficili condizioni socio-economiche vissute dall’Italia, gli assicura un futuro migliore.
Un ultimo profilo che emerge dallo studio Migrantes  sul quale porre l’attenzione è il “migrante previdenziale”. Che siano pensionati “di lusso”, colpiti da precarietà o sull’orlo della povertà, si tratta di numeri sempre più importanti. Le traiettorie tracciate da queste partenze sono ben determinate: si tratta – si legge nel volume – di paesi con in corso una politica di defiscalizzazione, territori dove la vita costa molto meno rispetto all’Italia e dove il potere d’acquisto è, di conseguenza, superiore. Ma non è solo il lato economico a far propendere o meno per il trasferimento: vi sono anche elementi altri, più inerenti alla sfera privata quali il clima, l’humus culturale, la possibilità di essere accompagnati durante il trasferimento e la permanenza. Quanto detto appare evidente considerando le mete principali: Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania. Sono luoghi in cui la vita è climaticamente piacevole, dove è possibile fare una vita più che dignitosa (affitto, bolletta, spesa alimentare) e dove a volte con il costo delle assicurazioni sanitarie private si riesce a curarsi (o almeno a incontrare un medico specialista rispetto al problema di salute avvertito) molto più che in Italia.

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