La città di Lugano ha appena celebrato il primo compleanno del LAC Lugano Arte e Cultura. Il bilancio è positivo.
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Di Giangi Cretti per “La Rivista“
Con la cultura non si mangia. L’affermazione attribuita a Giulio Tremonti, all’epoca ministro dell’economia del governo Berlusconi, è sintomatica di un certo modus pensandi, preludio a quello operandi. Più volte, e giustamente, è stata stigmatizzata. A parole quantomeno. Perché nei fatti… Nei fatti al LAC – Lugano Arte e Cultura le cose vanno benissimo.
Dal Bel Paese – culla dell’arte, dove si dice risiedano circa i due terzi del patrimonio artistico mondiale, protagonista da più di duemila anni della storia e della cultura delle civiltà europee – rimbalzano cronache che fanno a gara nel rifilarci esempi di cattiva gestione del patrimonio culturale italiano. Un resoconto impietoso, che rende patenti politiche senza visione né prospettiva, dove tagli, sperperi e carenti manutenzioni riducono al degrado, e ad una insufficiente valorizzazione, perfino i siti riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’Umanità. Tant’è, e qualcuno è giunto persino ad invocare i caschi blu dell’Onu per la gestione quei siti archeologici italiani, che tutto il mondo (ancora?) ci invidia.
Anche se non ci piace, e non ci piace, questo è uno scenario tutto nostrano. Ci consoli rilevare che, a fronte di una colpevole incuria, per la serie ‘non è ancora (forse) troppo tardi’, qualcosa si muove e qualche ripensamento virtuoso sta prendendo corpo, sotto forma di risvegliata consapevolezza. Ma, anche in questi casi, prevale (ancora?) il timore che sia dettata, dall’urgenza che impone l’emergenza. Situazione nella quale, si vocifera nostro malgrado, diamo il meglio di noi stessi. Insomma, potremmo individuare un percorso evolutivo: se ancora non è del tutto scomparsa la presunzione che con la cultura non si mangi, fa capolino l’eventualità che senza cultura non si mangi. O perlomeno si mangi male.
Eppure, in Italia, nonostante reiterate dichiarazioni di intenti, va da sé nobili, gli investimenti per, e nella, cultura sembrano essere un lusso, alimentando talvolta l’impressione, nei fatti e sia mai con le parole, che la stessa sia sopportata, anziché meritevolmente supportata. Altrove, anche, e forse soprattutto, nella visione economicistica tremontiana, detti investimenti sono visti come un affare.
Non si tratta qui di evocare a modello Bilbao, dove il Guggenheim di Frank Gehry attrae circa un milione di visitatori l’anno ed è una delle istituzioni culturali europee che presenta il più alto livello di autofinanziamento: grosso modo i due terzi dei ricavi sono prodotti ai botteghini del museo. Anche perché, per la serie “una rondine non fa primavera”, a quella felice e redditizia esperienza, si potrebbe contrapporre la parziale (per ora?) delusione del progetto del Louvre a Lens, dove la “succursale” del prestigioso museo parigino non pare (ancora?) in grado di replicare, nella regione di Calais, il successo della città basca.
Un modello, quello di Bilbao, che individua la cultura come risorsa, capace di generare un circuito virtuoso con economia e sviluppo. Nel quale al pubblico si affianca il privato.
Un modello e, prim’ancora, una visione ai quali verosimilmente si aggancia la città di Lugano, che ha appena celebrato il primo compleanno del LAC Lugano Arte e Cultura. Un appuntamento felice, che festeggia un periodo troppo breve per consentire dei bilanci, ma dal quale, accanto alle fisiologiche criticità, emergono dati confortanti: sale piene per la musica, per il teatro e per l’arte, ma anche spazi visitati da vari ordini di scuole, per le attività didattiche. Mancano all’appello i dati economici, cari al pensiero tremontiano, rimandati alla chiusura dell’anno contabile. D’altro canto, non va sottovalutato che la cultura è un’impresa e, come tale, ha i suoi rischi commerciali. E progetti come il LAC, pensati per rilanciare non solo una città, ma un’intera regione, concretizzano valore se sono in grado di confermarsi come un volano capace di creare ricchezza e posti di lavoro. Anche se l’indotto generato dal LAC va valuto in una prospettiva più ampia di quella contabile. Perché, nelle intenzioni di chi fortemente l’ha voluto, il LAC, come si dice oggi, è un assett, un’attrattiva vera che si somma e potenzia quelle che Lugano ha già, con l’obiettivo di affermarsi come componente attiva del panorama culturale svizzero.
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