La recente decisione delle ACLI-Francia di invitare i propri rappresentanti, operatori di patronato, a rassegnare le loro dimissioni dai Comites in cui sono stati eletti, è l’ultimo episodio della diatriba Comites/Patronati che è ormai diventata una vera e propria telenovela iniziata nel lontano 2004 ma che, periodicamente, qualcuno – evidentemente interessato (sic!) – rispolvera. Su questa ridicola diatriba, il sottoscritto era già intervenuto più o meno un anno fa ma credo che anche quel mio contributo debba essere rispolverato ed aggiornato con altre considerazioni prima che l’iniziativa (sbagliata, a mio avviso, delle ACLI-Francia) trovi degli emulatori in qualche altra parte del mondo.
A QUALCUNO PIACE RISCALDATA
Dopo che il rinnovo dei Comites, avvenuto il 17 aprile dello scorso anno, alcuni neofiti del mondo dell’emigrazione, ed alcuni membri Comites appena eletti, si sono scatenati rimenando il vecchio ritornello sull’ineleggibilità dei rappresentanti dei patronati arrivando, in un caso, a presentare perfino una denuncia al TAR del Lazio (tuttora pendente). La stessa DGIT del MAECI ha ritenuto, poi, opportuno diffondere un nuovo parere interpretativo della legge sui Comites richiesto al servizio giuridico del Ministero che, praticamente, ricalca il parere già espresso nel 2004. Ovvero una minestra riscaldata, visto che comunque la stessa legge 286 del 2003 demanda esclusivamente agli stessi Comites la competenza di deliberare in merito all’ineleggibilità di un suo membro.
FRANCHISING
Tra l’altro in questa diatriba sui patronati sfugge un aspetto determinante che la nota vicenda elvetica Inca-Giacchetta ha evidenziato e che avrebbe dovuto far riflettere tutti i principali attori di questa polemica e, soprattutto, gli estensori di quest’ultimo parere del MAECI. Cioè che ormai, all’estero, quantomeno le principali sigle, i patronati italiani non operano più direttamente bensì attraverso associazioni – costituite in base a leggi locali – con le quali hanno stipulato delle convenzioni di collaborazione. Per cui questi “rappresentanti” dei patronati eletti nei Comites, in effetti, sono dipendenti di associazioni locali che operano sul territorio di un Paese utilizzando il marchio di un patronato italiano sulla base di una specie di “franchising” (collaborazione/affiliazione ad un marchio per la produzione e distribuzione di servizi/beni) che consente loro di fornire dei servizi di tutela e di assistenza agli italiani residenti in un determinato Paese avvalendosi del supporto tecnico della struttura di quel patronato in Italia.
ANALOGIE PERICOLOSE
Se non si dovesse tener conto di questo importante aspetto, per analogia, dovrebbe essere messa in discussione anche la presenza nei Comites di quei membri che sono rappresentanti e/o insegnanti di Enti gestori locali, che pure ricevono importanti finanziamenti da parte dello Stato italiano per gestire i corsi di lingua e cultura italiana all’estero anche loro attraverso una forma di “franchising”. Pertanto se i rappresentanti e gli operatori delle associazioni locali che svolgono attività di patronato fossero equiparati ai dipendenti dei patronati nazionali per ritenerli ineleggibili, anche i rappresentanti e gli insegnanti degli Enti gestori locali dovrebbero essere equiparati agli insegnanti di ruolo dello Stato italiano che, come noto, sono chiaramente definiti ineleggibili dalla legge 286/2003.
TUTTI FERMI
Ebbene, se passasse questa linea di pensiero e venisse fatta propria dal TAR del Lazio e dagli eventuali successivi gradi di giudizio, è evidente che molti grandi elettori delle assemblee di Paese, che il 26 e 27 settembre 2015 hanno eletto i membri dell’attuale Cgie, non avrebbero avuto alcun titolo per esprimere il loro voto e, quindi, è pure in gioco la validità di quelle elezioni di secondo grado.
DOMANDA
In definitiva non si comprende, questo accanimento contro gli addetti dei patronati e tantomeno a cosa giovi privarsi nei Comites del valido apporto che vi danno degli esperti di problemi sociali (ed eventualmente del mondo della scuola). E comunque, per chiudere definitivamente questa stucchevole diatriba, perché i parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero non si fanno carico di presentare in parlamento un emendamento alla legge 286/2003 che faccia finalmente chiarezza su questa questione?
Dino Nardi – Coordinatore Europeo UIM
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