Sei giorni in più di permessi ai non fumatori

La lunga crociata contro il vizio del fumo aveva finalmente cominciato a dare i suoi frutti. Da qualche tempo le sigarette – come i sigari e le pipe – sono state perlopiù escluse dai posti di lavoro. Non restava che trovare il modo di punire anche gli impiegati che insistevano comunque per uscire saltuariamente a fare il ‘cigarette break’ – magari sul marciapiede, fuori dalla stretta ‘giurisdizione’ aziendale – calcolando in maniera approssimativa che, con il tempo perso a fumare, i ‘viziosi’ lavorerebbero una settimana in meno l’anno rispetto ai colleghi che restano seduti a fare il loro dovere.

Già nel 2018 un’azienda giapponese è finita sulla stampa internazionale per avere concesso ai dipendenti non-fumatori sei giorni in più annualmente di permessi rispetto ai fumatori, anche se – in teoria – non era tanto per la minore prestazione attribuibile alle pause sigaretta, quanto invece al disturbo recato con i loro spostamenti ai colleghi rimasti fedelmente inchiodati alla scrivania…

La guerra contro il tabagismo ha sempre avuto un forte componente di moralità, ma le obiezioni alla fine vincenti – e valide – erano di tipo salutista. Il fumo del tabacco fa male, anche a chi lo subisce passivamente. È stato enormemente frustrante per gli attivisti anti-fumo subire l’arrivo del ‘vaping’, che tanto somiglia al ‘peccato’ che stavano per sconfiggere. Avevano messo il nemico all’angolo e improvvisamente sono spuntate le cigarette elettroniche. Era come se quelli dall’altra parte avessero barato. Il fatto che – per ora almeno – non si riesca a dimostrare in maniera netta che la pratica sia dannosa è per loro intollerabile.

I pacchetti di sigarette riportano diciture del tipo ‘il fumo causa ictus e disabilità’ mentre il tubetto della ‘svapo’ non dice niente. Il verdetto della scienza è ancora molto aperto. Malgrado l’opposizione al nuovo vizio, la National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine degli Usa dichiara che: “Test di laboratorio sugli ingredienti delle cigarette elettroniche, test tossicologici in vitro, e short-term human studies suggeriscono che le e-cigarette dovrebbero essere molto meno dannose delle normali sigarettee critica la campagna pubblicistica negativa in quanto “le politiche intese a ridurre il vaping tra adolescenti potrebbero anche ridurre l’utilizzo di e-cigarette da parte di fumatori adulti nei tentativi di smettere”.

Nel dubbio, mentre spuntano un po’ ovunque i nuovi divieti che per ora non hanno ancora una base scientifica o giuridica, i ‘vapers’ raggiungono i fumatori ‘veri’ sul marciapiede sotto l’ufficio, emettendo felicemente i grandi e densi sbuffi di vapore che le loro e-cigarette producono e facendo imbufalire i benpensanti – lo sport preferito dei giovani…

James Hansen

 

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