Esiste una tesi antropologica secondo cui è possibile determinare la rilevanza sociale di un dato argomento all’interno di una cultura in base a quanti termini esistono nella lingua per parlarne. Ora, Wikipedia non è la fonte di ogni saggezza, ma dà una buona misura di quanto si crede di sapere. Ecco la definizione che appare alla voce ‘spillatrice’: “La spillatrice, chiamata anche zanchettatrice, cucitrice, agganciatrice, pinzatrice, graffettatrice, graffatrice o cambrettatrice, è un attrezzo che permette di applicare ganci metallici, detti graffette o punti metallici, a fascicoli cartacei e ad altri oggetti – o quant’altro di facilmente perforabile – allo scopo di unire più fogli oppure applicare etichette e cartellini”.
Gli anglofoni se la cavano con una sola parola: ‘stapler’. Una ‘staple’ è per l’appunto una graffetta… La specifica differenza tra le due culture linguistiche probabilmente dipende in parte dall’ancora incompiuta ‘unità d’Italia’. Il termine spillatrice è maggiormente utilizzato a sud di Roma, mentre al Nord tende a regnare ‘pinzatrice’. Per quanto esista, zanchettatrice invece non sembra essere tanto di uso corrente, mentre ‘cucitrice’ e ‘spillatrice’ richiamano più che altro le comuni pratiche di una volta – dei tempi ‘ante-graffetta’ – cioè l’abitudine di cucire insieme con un filo le carte di una stessa pratica oppure di unirle, come dice lo stesso nome, con uno spillo.
Il primo brevetto per una ‘graffettatrice’ è americano e risale al 1867. L’apparecchio presentava però il difetto di richiedere l’inserimento una alla volta delle graffette utilizzate… In pratica, l’abitudine di ‘pinzare’ i documenti comincia a diffondersi solo a partire dal 1924, con l’introduzione di una ricarica composta da una ‘striscia’ di graffette metalliche incollate una all’altra, come si usa ancora oggi. Dove la tecnologia ha ancora qualche passo da fare è invece nella rimozione delle graffette, molto più lenta e fastidiosa dell’inserimento…
James Hansen per Mercoledì di Rochester
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