L’ultimo in ordine di tempo di “Italiachiamaitalia”, la nota gazzetta di propaganda al servizio del MAIE e del Senatore Merlo, riguarda la cittadinanza e l’accusa fatta al PD di essere favorevole alla limitazione del riconoscimento a due generazioni. La bolla d’aria sarebbe poggiata su una mia dichiarazione, fatta durante l’assemblea del CGIE, in cui, come risulta dai resoconti delle agenzie e da un mio comunicato, mi sono soffermata su una serie di questioni, tra le quali la cittadinanza.
Ebbene, in quella occasione ho detto chiaramente che parlavo di quell’aspetto della cittadinanza a titolo personale. In secondo luogo, parlavo di una condizione per riaprire i termini per far riacquistare la cittadinanza a chi è nato in Italia e l’ha perduta per ragioni di lavoro all’estero. In terzo luogo, il PD non si è mai espresso ufficialmente nel senso indicato dai gazzettieri né con dichiarazioni politiche né con proposte di legge o di governo. In quarto luogo, le mie stesse proposte di legge ufficialmente presentate parlano di riacquisto per chi è nato in Italia (“Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di riacquisto della cittadinanza“, n° 221, 23 marzo 2018) e per le donne che l’hanno perduta, e per i loro discendenti, a seguito di matrimonio con stranieri (“Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di riacquisto della cittadinanza da parte delle donne che l’hanno perduta a seguito del matrimonio con uno straniero e dei loro discendenti“, n° 222, 23 marzo 2018). Non altro.
A titolo strettamente personale e come stimolo alla discussione, ho detto e penso che sia arrivato il momento di una riflessione organica relativa alla normativa sulla cittadinanza in vista di una riforma del sistema. Anche per evitare che la questione sia dilaniata e peggiorata a piacimento, come è accaduto di recente con il decreto Sicurezza per coloro che la richiedono per matrimonio. Una discussione da fare senza tabù e partendo dai diritti, come sono quelli di chi è nato in Italia e l’ha perduta solo perché emigrato. Ma, ripeto, si tratta di stimoli alla discussione e al confronto, di idee personali che riguardano me e non altri, che dunque non possono essere attribuite ufficialmente al partito nel quale milito.
Capisco come le idee possano dare inquietudine e spavento a chi, in mancanza di fatti, è costretto a costruire una linea politica sulle falsificazioni. Non sorprende quando la politica diventa caciara e propagandismo, ma è triste per la democrazia e per la dignità delle istituzioni.
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