La telenovela Renzi e la responabilità mancata del pd di Valeria Carmia

Ecco, è arrivato febbraio, mese corto e gaio, recita un libro che leggo spesso ai miei figli. Con febbraio arriva Carnevale, continua il libro con un’immagine di un gruppo di animaletti in maschera, chi travestito da scheletro, chi da strega, chi da orso ma non è un orso, al punto che non si riconosce più chi sia l’orso davvero, chi la volpe e chi il topo.

Confusione. Camuffamenti. Terribili imitazioni. Personaggi che risuscitano, nuovi che appaiono. Cliché noiosi, già visti. Non è forse anche quello che spesso vediamo seguendo la campagna elettorale italiana di queste settimane? Di telenovele politiche burlesche, e al tempo stesso anche molto deprimenti, ce ne sono parecchie da seguire. Quella vincente tra le file della sinistra si concentra tutta attorno alla figura di Matteo Renzi. La trama non è nuova, la domanda sempre la stessa: ma Renzi è (poco o per nulla) di sinistra? Grasso e Boldrini accusano l’ex-primo ministro di aversi fondato un partito non più di sinistra ma ad personam, un po’ sull’esempio di Berlusconi. Bersani porta l’attenzione sulla legge elettorale che Renzi ‘si è fatto’ con la destra.

Dato la centralità fin da subito assegnata alla sua persona, che Matteo Renzi sia il protagonista del dibattito elettorale non sorprende. Tuttavia, tale dibattito è incompleto e una pericolosa distrazione. Per il PD.

Il dibattito è incompleto. L’economia italiana, secondo l’Istat, ha visto un incremento degli investimenti fissi lordi del 3% nel 2017 e per il 2018 si prevede un incremento del 3,3%. Sempre l’Istat ha rivelato la diminuzione di 0,6 punti percentuali del tasso di disoccupazione ad ottobre del 2017, tasso che si era attestato intorno all’11,1% nello stesso periodo del 2016. C’è chi sottolinea come in fondo le riforme di Renzi nel settore economico abbiano saputo cavalcare l’ondata di ripresa generale dell’economia dopo il collasso del 2008, dando i propri frutti. Chi difende il governo Renzi sottolinea anche gli interventi a favore del reddito famigliare, come gli 80 euro mensili in più per 11 milioni di lavoratori, la cancellazione delle tasse sulla prima casa, la riduzione del canone TV. Si fa notare che con Renzi ci sia stata la riforma (molto discussa in realtà) degli ammortizzatori sociali e il rilancio della mobilità nella pubblica amministrazione, si sia messa una qualche mano ai diritti civili, alla lotta alla corruzione e criminalità, e siano state varate una serie di leggi a favore dell’ambiente, volte a migliorare l’efficienza energetica, riducendo le emissioni e utilizzando fonti rinnovabili per energia e riscaldamento.

Detto questo, i raggiungimenti di Renzi al governo sono stati di natura mista. Modesti, dicono alcuni. Non mantenuti, perfino. Delle clamorose promesse elettorali di cui non si è fatto nulla: l’articolo 18, che non doveva essere un problema, è stato poi abolito per il Job Act. L’abolizione delle province non c’è stata, esse sono invece risorte come enti di secondo livello con parecchi costi annessi. Delle primarie al posto delle preferenze non si è fatto nulla. Reintrodurre l’immunità non era una barzelletta.

Di queste cose fatte e non fatte, è responsabile Renzi con il suo governo. Da fuori dall’Italia, però, ciò che maggiormente colpisce è l’ossessione per la persona di Renzi, il quale, si deve ammettere, non disdice affatto una buona dose di protagonismo! Eppure, dopo un po’, continuare ad incentrare il dibattito sulla sinistra italiana, e nello specifico sulla vita e forma del Partito Democratico intorno alla figura di Renzi, diventa un esercizio monotono e improduttivo. L’impressione è che invece di concentrarsi sulla responsabilità della Sinistra di vincere, o perdere, le elezioni che verranno, ci si concentra unicamente e vanamente sul desiderio di rimuovere il segretario del partito democratico, eletto, scelto da quasi 2 milioni di persone, preferito ad Andrea Orlando e a Michele Emiliano.

Nessuno in questo articolo sta prendendo le difese di Renzi, che a conti fatti, risulta anche poco simpatico.

Renzi è stato incapace di portare a termine un buon numero delle promesse elettorali e ha preferito alleanze facili con il centro-destra. Ha (forse) contribuito a causare gravi danni all’identità del centro-sinistra italiano e della sua unità, ha (forse) favorito instabilità politica con alleanze sotto diversi aspetti discutibili.

Ma la Renzi-telenovela è un diversivo.

Renzi e la sua amministrazione sono responsabili (in inglese, responsible) e devono render conto (in inglese be accountable) di ciò che hanno fatto. Il PD, che è stato al governo, deve rispondere dei risultati ottenuti, di cui è responsabile. Matteo Renzi a parte.

Non sarebbe male rileggere Powell (Elections as instruments of democracy: Majoritarian and proportional visions, 2000). Da parte del PD, l’assunzione di responsabilità e il render conto di fronte all’elettorato delle cose ‘buone’ sarebbero azioni tutte nell’interesse del partito in questa campagna elettorale. Nel suo scritto più famoso, Powell ha a lungo argomentato che se la prestazione della parte del governo in carica (incumbent) è soddisfacente, gli elettori tendono a mantenere l’incumbent in carica, mentre se le prestazioni del governo non sono soddisfacenti, gli elettori tendono a votare contro l’incumbent. Che responsabilità si sta prendendo il PD, come partito? Sempre Powell ha anche evidenziato che quando la responsabilità (di governo) è poco chiara, gli elettori hanno maggior fatica a decidere chi deve rispondere delle azioni e decisioni prese. Che sembra forse essere un po’ ‘il gioco’ a cui Renzi si dedica.

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