Nel sistema elettorale italiano, nei trenta giorni prima della data fissata per il voto i candidati possono presentarsi agli elettori, magnificando le proprie qualità, per cercare di ottenerne il consenso.
Una volta, tutta la propaganda era affidata ai comizi nelle piazze, ai pochi giornali che circolavano, alle auto che con gli altoparlanti a tutto volume diffondevano inni e slogan mentre dai finestrini volavano chili di volantini, ai manifesti affissi dappertutto.
Ogni cosa era gestita massimamente dalle grandi organizzazioni sia di partito, sia legate a confessioni religiose.
La TV faceva capolino a tarda ora, e per un paio di volte alla settimana, trasmettendo delle addomesticate e noiosissime tribune elettorali.
Gli eletti, soprattutto al Parlamento, erano pressoché dei perfetti sconosciuti ai milioni di elettori che li avevano votati. Bastava l’indicazione del partito o dei notabili locali per essere sicuri di accedere alle Aule Parlamentari.
Se poi qualcosa andava storto, un posto in qualche ente o in qualche istituzione minore era garantito.
Chi conquistava un seggio alle Camere (per i siciliani, però, più ambita era -ed è- l’Assemblea Regionale Siciliana) era sicuro che avrebbe vissuto l’intera vita negli agi e non avrebbe mai più lavorato, se mai l’avesse fatto.
Scapoli e nubili si cercavano e si univano, raddoppiando così stipendi, indennità e rimborsi.
L’essere di partiti diversi nel talamo coniugale non rilevava, perché la formazione politica era ritenuta, per dirla con le parole dell’ex presidente dell’ENI Enrico Mattei, solo un taxi per farsi portare dall’anonimato al successo economico.
L’ingresso in Parlamento, per la stragrande maggioranza degli eletti, rappresentava un vero e proprio atto di fondazione di una dinastia.
I figli prendevano il posto dei genitori, in mancanza di prole ecco che a beneficiarne arrivavano fratelli e nipoti.
Col passare degli anni, la TV ha preso il comando della propaganda elettorale, seguita a ruota da radio e da internet.
Il resto è rimasto immutato.
I partiti, forti di una mancata disciplina legislativa, continuano a candidare personaggi dell’entourage: una volta bastava una carriera all’interno dell’organizzazione politica che passava dall’attacchinaggio di manifesti o dalla cooptazione per meriti oscuri, ora è necessario quantomeno avere anche comuni natali territoriali, essere in confidenza con internet e vantare amicizie influenti.
Oggi si garantisce l’elezione collocando i “big” secondo una progressione numerica predefinita ma, anche se si lasciasse all’elettore la scelta, poco cambierebbe poiché l’intera lista è comunque scelta dalle segreterie dei partiti e che venga eletto questo o quello non fa alcuna differenza.
E’il sistema di indicazione dei candidati che è fallace e determina il grande imbroglio: una oligarchia, formata dalle segreterie dei partiti che comanda su tutto e tutti, mentre la democrazia è limitata solo alla scelta che gli elettori possono fare di sostituire una oligarchia ad un’altra.
Solo una seria riforma dei partiti, che da libere associazioni diventino organismi disciplinati da precise norme di legge per quanto all’indicazione dei candidati da ricercarsi, almeno in gran parte, tra note e specchiate personalità che possono essere liberamente scelte dall’elettorato, può assicurare una vera democrazia e non una somigliante ad una moneta da tre euro, come quella attuale.
L’astrattismo democratico può anche prevedere che il figlio del parlamentare tizio possa presentarsi alle elezioni e vincerle, ma una democrazia di nome e di fatto può e deve impedirlo, perché deve assicurare uguali possibilità a tutti e chi può vantare consolidate relazioni dinastiche è certamente più avvantaggiato di chi, invece, ha curato lo studio, preparato una carriera lavorativa, elevatosi culturalmente.
Se si tiene conto che buona parte dell’elettorato è formato da persone che, specialmente in Italia si disinteressano della Cosa Pubblica e sono pronti a diventare clientela del signorotto di turno, ovvero sono ottima merce per la pubblicità dei mass- media che impongono un uomo politico alla stessa stregua di un bagno schiuma, è facile capire che occorrono dei mezzi legislativi adeguati e non solo ridicole “quote rosa” (che esprimono esclusivamente la considerazione di un genere – inferiore- al quale assicurare un contentino) sbandierate come un gigantesco passo verso la “democrazia compiuta”.
Il problema, non di poco conto, è che chiunque verrà eletto si guarderà bene dal mettere in campo riforme che potrebbero attentare a sue rielezioni o a privilegi per “parentame”, oppure perché solamente incapace di trasformare gli slogan in proposta politica.
In attesa di una (improbabile) riforma dei partiti politici, si potrebbe cominciare ad inserire nuovi modi di svolgimento della campagna elettorale.
Ad iniziare, un impegno solenne del candidato a dimettersi nel caso di cambio di formazione politica e/o di inottemperanza alle promesse ed agli impegni assunti nel corso della campagna elettorale.
A seguire, tutti insieme i candidati di un collegio in un palazzetto o cinema, o teatro, con pubblico, TV e giornalisti, chiamati a rispondere tutti alle stesse domande sui programmi, in parte già predisposte, in parte estemporanee.
Risposte registrate e controfirmate.
Quindi, non fumosi programmi buoni per tutte le stagioni, ma risposte precise su domande altrettanto precise:
A mo’ di esempio:
-“Lei è a favore o contro uno stipendio per i parlamentari omnicomprensivo, esclusi rimborsi per i viaggi, di euro 5000,00 mensili?”
-“ Lei si impegna nei primi trenta giorni di mandato a presentare e votare una legge per l’introduzione di tale emolumento, con contributi da ricongiungersi a quelli versati o che si verseranno nella propria attività lavorativa?”
-“Lei è favorevole o contrario al Ponte sullo Stretto?”
– “Lei è favorevole o contrario alla chiusura delle sale giochi?”
-“ Lei è favorevole o contrario al reddito di cittadinanza o simile? E così via.
Vero è che molti candidati di “candido” hanno poco o nulla e hanno spesso sei facce come un dado, ma è anche vero che ad istituende riunioni, quanto meno semestrali, di verifica dell’operato con gli elettori, alle quali avrebbero l’obbligo di partecipare sotto pena di decadenza dalla carica, non potrebbero sfuggire alle loro responsabilità.
Si pensi all’aver votato delle leggi favorevoli ad alcuni potentati economici quando si è accettato dagli stessi dei contributi elettorali… come lo spiegherebbe il parlamentare al Paese?
Forse ciò accadrà tra un centinaio di anni, se ci sarà ancora un mondo così come lo conosciamo.
Per ora, ci toccherà assistere alla solita pantomima: interminabili talk show con politici amici dei conduttori o degli amici degli amici aspiranti a riconferme, che si parlano addosso e ricoprono di urla l’intera trasmissione; giornalisti che esaltano i propri beniamini, ancorché semi-idioti e denigrano qualunque avversario; elettori pronti a spellarsi le mani per qualche impostore che ha promesso le briciole del suo pranzo; più della metà del Parlamento nuovamente occupato da impresentabili, ignoranti ed incapaci; nepotismo imperante; oligarchi travestiti da rivoluzionari…
Furbetti del quartierino in ogni dove. E la consueta Italia.
Più esattamente, l’italietta di sempre.
Giorgio Rinaldi
Fonte: http://www.faronotizie.it
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