Approccio multilaterale tra le Camere di Commercio Italiane all’Estero

“Le Camere di Commercio Italiane all’Estero dovrebbero rinunciare a considerarsi organizzazioni bilaterali e cominciare a lavorare in rete con un approccio multilaterale”, queste le parole di Piero Bassetti, lanciate con un articolo pubblicato recentemente dall’Aise, alle quali ci hanno risposto con entusiasmo alcuni Rappresentanti delle Camere Italiane all’Estero, dando avvio ad un vero e proprio dibattito a distanza.
“Sono convinto che l’approccio verrà adottato da tutto il sistema delle CCIE, divenuto ormai un passaggio obbligatorio per salvaguardare il nostro Paese, la promozione del Made in Italy e la sempre più numerosa comunità di italiani all’estero”, afferma Marco Montecchi, Rappresentate delle Camere di Commercio Italiane dell’Area Europa.
E non si sbaglia, dal momento che anche gli altri Rappresentanti d’Area delle Camere di Commercio hanno espresso con forza il loro favore per un approccio multilaterale e lo sviluppo di un lavoro sempre più reticolare: “Non possiamo rimanere ancorati a vecchi sistemi e modi di pensare e agire – dichiara Michele D’Ercole, Rappresentante delle CCIE dell’Asia e Sud Africa – ma dobbiamo cogliere le opportunità che una ‘business community italica’ ci potrebbe offrire”.
Nel suo libro Svegliamoci Italici!, Piero Bassetti scrive infatti che “la business community italica ha confermato di saper maturare una visione economica e produttiva condivisa, in grado di rivolgersi a un mercato a tutti gli effetti globale”.
Ma per sviluppare questo processo di aggregazione, continua Bassetti, “la business community italica deve poter disporre di spazi transnazionali e forme di rappresentanza degli interessi in grado di superare, pur tenendola presente, la logica dei territori e dei confini, e di puntare invece più consapevolmente sulla valorizzazione di un patrimonio di saperi, costumi e abilità condivisi”. È a questo universo valoriale che fa riferimento tutto quel mondo imprenditoriale che gira attorno al sistema camerale italiano all’estero e per questo motivo sono proprio le CCIE le prime destinatarie dell’appello lanciato da Piero Bassetti. Parola chiave del suo messaggio, accanto a “multilateralità” e “italicità”, è “glocalizzazione”, fenomeno secondo il quale nel mondo sarà sempre di più il rapporto fra la dimensione globale e quella locale a fare la differenza. “Mondializzazione ha per molto tempo fatto rima con standardizzazione – spiega Joseph Carrozzi, Rappresentante dell’Area Australia – e sin dagli anni ’90 i dipartimenti aziendali specializzati nel marketing dei più grandi gruppi si sono messi a rincorrere il concetto think global, act local. Oggi occorre anche muoversi nella direzione inversa del think local, act global”. E conclude: “Lavorando in loco, è immediata la conoscenza delle abitudini dei consumatori da parte delle CCIE, che si trasformano così in un interprete importantissimo per vagliare i trend del mercato locale”.
Seguendo il suggerimento di Bassetti, le Camere di Commercio all’Estero dovrebbero dunque iniziare a parlare di Made by Italics piuttosto che Made in Italy, e pensare di trasformarsi da ‘Camere Italiane’ a ‘Camere Italiche’.
Su questo punto “c’è ancora molto da discutere”, obietta Giulio Frascatani, Rappresentante dell’Area Mediterraneo. L’Italicità, infatti, è certamente un tema stimolante e condiviso finchè si fa riferimento a quell’identità ibrida che l’emigrazione all’estero comporta, ma nel momento in cui ci si sposta al mondo del mercato la questione è più delicata.
“In questo scenario il tradizionale Made in Italy probabilmente ha fatto fortuna estentendosi a Italian way of life, – precisa Michele D’Ercole – ma credo che prima di tutto le Camere dovrebbero essere “garanti” dei prodotti Made in Italy e anche di quelli Made by Italians che possono essere beni o servizi prodotti all’estero da aziende italiane o miste e non credo sia una buona idea quella di estendere la promozione anche ai prodotti Made by Italics, poiché in questo caso entreremmo nella problematica dell’Italian Sounding che crea tanti problemi ai ‘veri’ prodotti Made in Italy e Made by Italians”.
Ma le Camere italiane all’Estero hanno già intrapreso un percorso “italico”? Certo.
E lo confermano tutti i Rappresentanti d’Area intervistati, i quali testimoniano attività seminariali, progetti e iniziative avviati in maniera condivisa e sinergica fra le Camere della loro Area di riferimento. Per l’Area Europa Marco Montecchi conferma “un ampio consenso sullo sviluppo di idee che si muoveranno in una direzione multilaterale, avendo esperienza alle spalle in progettualità pluricamere e multiPaese”.
Michele D’Ercole riconosce come svolgere le proprie attività in maniera ‘globale’ cercando di intercettare la ‘comunità globale italica’ grazie ad azioni multilaterali tra le Camere rappresenti un’ulteriore opportunità per incrementare il proprio business e offrirsi al mercato come partner ‘glocal’. Infine Matteo Lazzarini, Rappresentante dei Segretari Generali delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, ricorda come attraverso i progetti europei almeno un quarto delle 79 CCIE operino già in un mercato internazionale e multilaterale, e aggiunge: “le Camere Italiane all’Estero, senza rinunciare alla loro vocazione bilaterale, potrebbero proporsi ancor di più come luogo che incarna, tramite il multilateralismo, sia gli interessi nazionali che quelli locali e globali.” E conferma, infine, che il tema degli italici sarà all’ordine del giorno delMeeting dei Segretari generale delle Camere estere che si terrà a Roma dal 21 al 23 giugno prossimi.

Di Francesca Palombo per “AISE

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