Non tutti gli emigrati sono partiti per loro spontanea volontà

Riflessioni di Gianni Pezzano, scrittore italiano rientrato dall’Australia.

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Di Gianni Pezzano per “Daily Cases“.

Per l’ennesima volta dall’introduzione del voto all’estero questo diritto ha creato un alto livello di controversia, resa peggiore da disinformazione e commenti veloci e senza considerazioni, sia da alcuni esponenti politici che da cittadini italiani.

Gli italiani all’estero avranno sempre una parte del cuore nel paese delle loro origini. Alcuni di questi sono nati in Italia e si sono trasferiti all’estero per motivi che cambiano da persona a persona, poi ci sono figli e nipoti di questi emigrati che sono nati con la cittadinanza italiana e sentono il richiamo del paese delle loro famiglie. Per questi motivi sentono l’obbligo e il dovere di esercitare il loro diritto al voto. Ci sono molti aspetti di questo diritto che sono soggetti a luoghi comuni e ignoranza su chi sono gli italiani all’estero e il ruolo attivo che hanno sempre avuto nella vita del Bel Paese.

Per l’ennesima volta dall’introduzione del voto all’estero questo diritto ha creato un alto livello di controversia, resa peggiore da disinformazione e commenti veloci e senza considerazioni, sia da alcuni esponenti politici che da cittadini italiani, nei dibattiti pubblici e nei social media nei mesi della campagna referendaria. Molti di questi commenti sono andati ben oltre i limiti della decenza e del buon senso.

Il primo commento, ripetuto da molti, è quello che gli italiani all’estero non possono votare perché non pagano le tasse in Italia. Già il commento stesso non è conforme con la costituzione italiana che da il diritto a tutti i cittadini maggiorenni. Seguendo questo logica le casalinghe, i pensionati, gli studenti e i disabili perderebbero anche loro questo diritto e sarebbe una mossa contro il concetto di democrazia espresso nel referendum stesso.

A questo commento bisogna aggiungere la precisazione di alcuni che gli emigrati sono “scappati” dall’Italia e dunque non avrebbero alcun diritto di farsi sentire in Patria. Non tutti gli emigrati sono partiti per loro spontanea volontà. Le generazioni di emigrati dopo le due guerre mondiali sono partite perché costrette a lasciare il paese, non semplicemente per mancanza di lavoro, ma persino a causa di autorità italiane che li consideravano superflui ai bisogni del paese e le loro partenze avrebbero reso più facile risolvere i problemi post bellici.

Sarebbe stato facile per questi emigrati decidere di non fare più niente per il loro paese di nascita, ma molti di loro, compresi i miei genitori e zii, hanno continuato per decenni a inviare soldi alle famiglia in Italia e contributi al paese come comprare e persino promuovere prodotti italiani nei loro vari paesi di residenza. Questi soldi inviati a casa e i prodotti italiani fanno ancora una parte rilevante del contributo economico importante degli emigrati italiani e i loro discendenti al nostro paese.

Però, un aspetto del voto degli italiani all’estero merita un’attenzione particolare perché dimostra una realtà della loro vita che molti ignorano, in entrambi i sensi del verbo.

Chi abita all’estero, sia se emigrato o nato lì, vede altri sistemi politici e governativi e quindi si accorge che esistono altro modi per poter governare. In modo particolare mi riferisco a quei paesi che hanno sempre avuto governi longevi e stabili. Questo spiega il motivo per cui nelle circoscrizioni estere ha vinto il Si invece del No in Italia che ha deciso il referendum.

Per molti in Italia era facile fantasticare brogli e complotti per spiegare un possibile ruolo decisivo del voto all’estero. Lasciando stare l’impossibilità di effettuare i brogli che alcuni fantasticavano, come milioni di schede false che avrebbero bisogno di un’organizzazione enorme che semplicemente non esiste. Queste fantasie che si leggono anche nei commenti dei lettori sui siti dei quotidiani non hanno alcuna base vera.

La realtà è molto più semplice e sottile e dunque difficile da prevedere da chi non sa cosa vuol dire vivere in un altro paese.

Gli italiani all’estero pensano in un altro modo e questo viene dalle esperienze in altri sistemi politici, altri sistemi scolastici, leggere giornali locali che non sono legati a partiti politici come spesso capita in Italia e vogliono tutti dire che gli italiani all’estero giudicano la politica italiana con un metro diverso dal residente in Italia. I parlamentari eletti all’estero capiscono bene queste realtà e questo spiega perché molti di loro si sono impegnati al massimo per il referendum in tutti i continenti.

Inoltre, sarebbe uno sbaglio considerare gli italiani all’estero come semplici operai e lavoratori, è un luogo comune che ormai non esiste più da decenni. Gli italiani all’estero, siano quelli della prima generazione che i loro discendenti, comprendono un  numero altissimo di laureati e professionisti con la capacità di leggere e di ragionare e quindi di decidere per loro stessi.

Questo sono i fattori che hanno deciso il voto all’estero, non solo al referendum, ma anche nei voti politici dove il voto all’estero non riflette il voto in Italia.

Le comunità italiane all’estero sono fiere dei loro legami con la loro Patria e molti vogliono tenere vivi i contatti anche quando non ci sono più parenti stretti nei loro paesi di origine. Questa voglia di un ruolo attivo nella vita del Bel Paese dovrebbe essere un motivo di orgoglio per la nostra nazione e non una fonte di litigi internazionali.

È un mondo italiano con sfumature di ogni genere che è utile tenere vivo a ogni costo perché fa parte non solo del Storia del nostro paese, ma anche del nostro futuro.

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