Il “Sistema Italia” in Uruguay

Come rilanciare la presenza italiana in Uruguay

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Di Mimmo Porpiglia  per “Gente d’Italia

“Amici di Tacuarembó, grazie. Fortunatamente non siete gli unici ad aver commentato positivamente la svolta del 2 giugno in questo Paese. Ho ricevuto decine e decine di messaggi come il vostro, tutti entusiasti e convinti dell’imminente inizio di un “nuovo corso” nei rapporti tra Uruguay e Italia. Non sarà però l’omaggio o il riconoscimento del Parlamento uruguaiano al nostro Paese che cambierà lo status di questa nostra collettività. No, siete Voi, siamo Noi a dover cominciare a lavorare per costruire anche qui il tanto agognato “SISTEMA ITALIA”, la nostra lobby per essere più chiari. Già, ma come si forma una lobby?” Occorre innanzitutto precisare che non si tratta di un lavoro facile facile.
L’università romana della Luiss per esempio ha istituito a cominciare dal 2017 un primo master in “relazioni istituzionali, lobby e comunicazione d’impresa”. Un master unico in Italia nel suo genere perché mira a formare un nuovo profilo professionale richiesto oggi soprattutto dalle organizzazioni di rappresentanza istituzionale e dalle agenzie specializzate. Profilo che non trova riscontro in un panorama formativo italiano nel quale è poco diffusa la “cultura delle relazioni istituzionali” e dell’attività di lobbying. Il lobbista deve essere capace di rappresentare, tutelare e comunicare con successo gli interessi dei soggetti istituzionali, enti, organizzazioni, associazioni di categoria e gruppi sociali organizzati in contesti in cui il rapporto pubblico privato-privato assume particolare importanza.
Calma, non spaventiamoci…
Abbiamo “soltanto” bisogno di connazionali, politici, uomini di cultura, impresari, italiani di buona volontà, insomma, che, lavorando congiuntamente riescano ad aggregare, a “far parlare” tra loro, commercianti, rappresentanti istituzionali, costruttori, investitori, professionisti… E quando dico “far parlare” non mi riferisco soltanto a far praticare la lingua di Dante, no, il vero scopo é cercare di risvegliare in loro il “background” italiano, quello che i loro genitori e nonni hanno portato dal loro Paese d’origine. Tradizioni, cibo, cultura, tutto ciò che ricordava la loro Italia agli inizi del secolo, e anche dopo.
Insomma quella “italianità” che é servita fino ad oggi, a moltissimi di loro, purtroppo, semplicemente, a conquistare quell’agognato, italico passaporto.
Mi rivolgo, quindi soprattutto ai centomila e più italiani di solo passaporto che hanno dimenticato o che non sono stati “chiamati” negli anni a far parte integrante di questa collettività. E qui devono intervenire Ambasciata, Comites, Istituto di Cultura, politici italo-uruguaiani e… noi tutti. Ho ascoltato con grande attenzione nel Palacio, e devo ammetterlo con sciovinistico compiacimento le precise, “colorate” e articolate esposizioni dell’architetto Aldo Lamorte e dei suoi colleghi deputati , José Carlos Mahía, Ope Pasquet, Iván Posada, Eduardo Rubio, Julio Battistoni e Juan José Olaizola… in questo 1 giugno carico di commozioni ed emozioni.
Qualcuno nei banchi affollati del Parlamento ha anche sorriso all’esposizione storico-politica dell’avvento italico in Uruguay: oratori – ferratissimi nella storia d’Italia – hanno mischiato, però, cultura dei rifugiati politici di inizio secolo, gastronomia e ardore garibaldino accompagnando di proposito pasta, bolognese, gnocchi, pizza e fainá con il lavoro e l’architettura delle opere nostrane nel Paisito, magnificandone lo splendore come il “loro” Palacio Legislativo firmato da Vittorio Meano e Gaetano Moretti.
Poco male, le loro esposizioni sono state ricche di ardore e intrise di italianità: parola magica questa ma molto difficile da spiegarne il contenuto. Che cosa é infatti l’italianità?
Certamente non si vede dal viso, né dalle mani, né dai capelli e tampoco dal colore della pelle, né dall’altezza e non dalla lingua.
Ma allora da cosa si vede? Cosa rappresenta? Essendo italiano dalla nascita, non ho mai pensato di dover motivare questo mio… chiamiamolo “sentimento nazionale”. E voi, cari amici lettori, vi siete mai interrogati almeno una volta sulla vostra italianità? Cosa significa per voi? Non credo le 20 e più cucine regionali, né Cristoforo Colombo o Garibaldi o… che cosa? Forse non abbiamo ancora capito e forse mai capiremo, a mio modesto avviso, che la vera risorsa illimitata e unica che ha il nostro paese non sono soltanto le industrie o le medie imprese, né le grandi firme della moda e tanto meno quelle delle grandi marche d’auto , ma credetemi, ciò che realmente il mondo ci invidia, è “l’essere italiano”: la più grande risorsa che il nostro paese possiede in quantità e che spero non finisca tra gli italiani all’estero come figura “dimenticata” relegata in soffitta.
Il nostro essere Marconi, Colombo, Mattei, Leonardo, quelli che hanno fatto gruppo che si rimboccavano le maniche tra il disastro del Vajont e l’alluvione di Firenze, che si proteggevano l’uno con l’altro nelle trincee della prima Guerra Mondiale, quelli che passavano per pazzi e visionari e che hanno migliorato il mondo, l’essere italiano che significava orgoglio e tenacia nonostante l’essere trattati come bestie nelle miniere del Belgio, che sfidava i poteri forti come Mattei, ostinati e impavidi come Falcone e Borsellino, che con il lavoro e l’abnegazione hanno fatto grande anche questo Paese, questo rappresenta a mio avviso il concetto di italianità.
Che, ricordiamolo, per più di due ore ha riempito l’emiciclo del Palacio uruguaiano. Enunciato perfettamente dai deputati che si sono succeduti nell’omaggio al nostro Paese: italianità che significa anche stile, design, rifiniture, cibo e vini, abbigliamento e moda,commercio tessile, pellame e scarpe. E che qui in Uruguay ha sposato anche l’abnegazione al lavoro, il coraggio, l’orgoglio, la passione garibaldina…
Attenzione, sono state parole forti quelle enunciate nel Palacio a corollario della storia italiana, delle tristi migrazioni, delle nostre origini, e che si sono unite agli omaggi e ai festeggiamenti ma anche a nuovi e sempre roboanti proponimenti. “Faremo…costruiremo…sarà il riscatto…..”
Bene, cominciamo…..”Verba volant, scripta manent” ci hanno insegnato i nostri padri latini. E a questo punto mi riallaccio alle decine e decine di mail ricevute, che plaudono al nuovo corso e invocano il “cambiamento”. Dare un segnale, allora, una prima forte risposta alle promesse giurate da politici, ambasciatore, rappresentanti del comites il 1 giugno, in quella meravigliosa ala del Palacio di fronte a centinaia di connazionali: quando i ragazzi hanno intonato in egual trasporto gli inni nazionali e nel salone de los Pasos Perdios era evidente e palpante la commozione.
E quel passo finale “l’Italia chiamò” seguito da un coro unanime, “Sí” era, é stato il giuramento.
La promessa di voler cambiare, di cominciare a lavorare tutti uniti per far nascere anche qui, in Uruguay il “SISTEMA ITALIA”, la lobby, l’aggregazione di tutti gli italiani di buona volontà.
É l’ultima occasione. Cerchiamo di non finire come i connazionali della Repubblica Dominicana, senza più consolato, senza ambasciata… Perché loro, gli italiani di Santo Domingo, sono costretti, oggi a varcare l’oceano, andare a Panama per ricevere un loro sacrosanto diritto sancito dalla Costituzione. Cerchiamo anche noi di non dovere attraversare, un giorno, il Rio de La Plata… per avere un certificato o per rinnovare il passaporto…
Quindi s’inizia. A chi tocca? Chi comincerà a organizzare le prime riunioni? E come e da chi saranno composte? L’occasione giusta, per dimostrare il “cambiamento”, sarà senza dubbio la “Giornata degli italiani” in calendario al Comites alle Associazioni, all’Ambasciata, agli Enti Istituzionali presenti nel Paese, che stanno organizzando per il 23 di ottobre 2016. Ecco, sono certo che stanno già lavorando, spulciando anche gli elenchi degli amici e conoscenti che fanno parte di quei centomila e più titolari di passaporto italiano formalmente “desaparecidos”.
Cominciamo anche noi quindi a contattare quegli italiani e italo-uruguaiani che fanno i “banchieri e bancari” (istituzioni private molto prospere in questo Paese) tutti i “tanos” proprietari di “frigoriferi” (altro settore tra i più prosperi in Uruguay…) quelli che bontà loro hanno partecipazioni in supermercati, centri commerciali, i titolari di imprese di costruzione, e gli ultimi arrivati responsabili di Enel, Lavazza, la Nutella della Ferrero, la Pirelli, la Telecom… Spieghiamo loro che non vogliamo questue, ma che tutti insieme, il parlare insieme la stessa lingua, lavorare insieme, è sicuramente un vantaggio… Per tutti. “Copiamo”gli ebrei, gli armeni, i francesi, gli americani… Facciamo come loro.
E per favore, quella Casa degli Italiani, rendiamola frequentabile (mi riferisco alla struttura cadente). Che sia un vero punto d’incontro come lo é stata per tanti e tanti anni. Insomma, cominciamo a costruire proprio dalla nostra Casa il “SISTEMA ITALIA” la lobby italiana in Uruguay… Amen!”

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