L’attività fisica migliora anche la memoria

L’Italian Scientists and Scholars North America Foundation, in collaborazione con l’IIC di New York,  ha organizzato un evento per presentare ricerche e risultati raggiunti sulla plasticità del cervello e l’impatto sull’apprendimento.

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Di Enza Antenos per “La voce di New York

All’incontro “Lingua e Memoria”, organizzato dal chapter regionale NY della ISSNAF (Italian Scientists and Scholars North America Foundation) all’Istituto Italiano di Cultura di New York lo scorso 13 luglio, Wendy Suzuki (professoressa di neuroscienze e psicologia, NYU) ci ha invitato a caricare i nostri neurotrasmettitori con attività fisica per migliorare l’umore, la memoria e l’attenzione; e Cristina Alberini (professoressa di neuroscienze, NYU) ci ha chiesto di ripensare a quei ricordi impressi nel cervello e capire i meccanismi biologici di memoria a lungo termine.

“Il cervello umano è la più complessa struttura conosciuta dall’uomo –ci ricorda Wendy Suzuki – è l’organismo che ha fatto costruire le piramidi, creare l’iPad, e mandare persone sulla luna”.

Suzuki, con un cervello umano in mano (una lezione ispirata a Marion C. Diamond, una rockstar nel campo di neuroanatomia, la quale le insegnò il suo primo corso sulle funzioni cerebrali), si muove liberamente nell’aula, mostrando a tutti questo cervello, identificando e spiegando il ruolo della corteccia, i lobi frontale e temporale, l’ippocampo e non solo, e noi spettatori rimaniamo sbalorditi. Mentre ci racconta questo suo percorso che la portò a dirigere il proprio lab alla New York University, ricapitola con parole accessibili a tutti la ricerca centrale alla sua formazione e al sapere nel campo della plasticità del cervello e sui processi di formazione dei ricordi a lungo termine. Poi ci racconta anche una sua esperienza personale su cui ha fatto leva per le sue lezioni e ricerca. “Dopo aver scoperto IntenSati (una combinazione di attività fisiche tra cui il kickboxing, le arte marziali, la danza, lo yoga insieme alle positive affermazioni verbali), ero così pieno di energie e di buon umore – spiega Suzuki – è quindi diventato più facile preparare domande di sovvenzioni per la ricerca scientifica. Sono riuscita a concentrarmi meglio mentre scrivevo ed a creare migliori associazioni tra i 20 articoli che dovevo riassumere. Mi sono resa conto di aver sperimentato su me stessa e i risultati erano un miglioramento delle funzioni cerebrali”.

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Da questo esperimento, ha inaugurato un nuovo corso alla NYU, “Can Exercise Change Your Brain”, che prevede l’intenSati durante le lezioni in modo che gli studenti possano attraverso l’attività fisica e interazione sperimentare anche loro in prima persona gli effetti neurofisiologici, anatomici e neurochimici dell’esercizio fisico sul cervello. Anzi, lo scopo di queste indagini è di capire questi effetti e poter stabilire una formula ottimale che potenzia le proprie capacità cerebrali per migliorare l’umore, la concentrazione e la memoria. Allora qual è la formula? “Ciò che sappiamo per ora: l’attività aerobica risulta il miglior tipo d’attività, tre volte a settimana per aumentare il battito cardiaco e cambiare tutti quei neurochimici, aumentarli nel cervello, e se lo facciamo con frequenza, i risultati a lungo termine producono cambiamenti anche nel cervello”.

Il modo in cui le implicazioni degli effetti d’attività fisica sul cervello toccano la società è eccitante. “L’ippocampo ed anche la corteccia prefrontale sono le zone più colpite perché queste attività stimolano e potenziano le funzioni cerebrali e più si potenzia il cervello, migliori saranno le prestazioni cerebrali a lungo termine – conclude – Questo ha benefici per tutti e ha conseguenze sulla vita, sul lavoro ed anche sull’istruzione”.

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“La biologia del cervello è nella sua preistoria”, avvisa Cristina Alberini. “Abbiamo iniziato a studiarla 25 anni fa perché non sapevamo se il cervello usasse diversi tipi di organismi rispetto a altri tessuti”. I meccanismi biologici della memoria a lungo termine è una scienza relativamente nuova e sono gli studi di eccellenza di Alberini che hanno contribuito in modo significativo a questo campo tra cui delle scoperte sui cambiamenti biologici del cervello che si manifestano quando i ricordi si consolidano nella memoria a lungo termine. “Abbiamo ricordi che si fissano nella memoria a causa di eventi paurosi che possono durare una vita. Come mai? – Alberini spiega – Biologia di base. Dobbiamo ricordarci per proteggerci”. Come fa il cervello ricordarsi di un unico episodio? “Durante un evento traumatico – ci spiega la scienziata – gli ormoni dello stress regolano i cambiamenti metabolici cerebrali, i quali insieme a quelli plastici che accadono ai neuroni, interagiscono in parte allo stress e creano ricordi duraturi”.

La memoria è tutto ciò che riteniamo importante da ricordare. Quando impariamo qualcosa, la memoria è in una frase fragile per un bel po’ di tempo. Se l’episodio è importante la memoria a lungo termine emerge lentamente e ci vuole del tempo per consolidarlo nel cervello e per conservarlo più a lungo. “I geni e le sequenze di geni in questo tracciato sono importanti per consolidare i ricordi – indica Alberini – uno dei meccanismi alla base del consolidamento dei ricordi è una piccola proteina IGF2 (fattore di crescita insulinico 2) simile all’insulina con una funzione molto diversa e che è responsabile della formazione della memoria a lungo termine. Aumentando la presenza dell’IGF2 durante l’apprendimento, i ricordi a lungo termine si fissano e si rafforzano perché accelera la ristrutturazione cerebrale si verifica naturalmente durante l’apprendimento. Se invece riduciamo la presenza di questa proteina diventa precario l’apprendimento a lungo termine”.

I ricordi non possono essere eliminati ma possono essere diluiti o diminuiti in modo significativo quindi sono anche fragili a lungo termine. “Se chiedi ai tuoi i loro ricordi di qualche anno fa, tutti danno una versione diversa dello stesso evento – afferma – Consolidiamo questi ricordi ma cambiano col tempo. Impariamo cose nuove, creiamo nuove associazioni, abbiamo nuovi ricordi e li colleghiamo a quelli vecchi. Quando li richiamiamo e li rispristiniamo li mettiamo tutti insieme, insomma i nostri ricordi sono molto dinamici”. Gli studi di Alberini sulla memoria, sulla formazione dei ricordi, sul loro immagazzinaggio, sul richiamo e riconsolidamento, mirano a migliorare la qualità della vita e potranno svelare nuovi segreti di apprendimento e istruzione.

L’apprendimento e la memoria sono processi interconnessi controllati da attività coordinate di molecole, sinapsi, cellule e reti neurali nel cervello. Sapete che in genere il 25% dell’energia di un adulto viene consumato dal cervello ma è solo il 2% del peso corporeo? Per fortuna dopo questi interventi informativi c’è stato un rinfresco offerto dal ristorante Il Riccio…
Abbiamo colto l’occasione per fare due chiacchiere con Riccardo Lattanza, co-presidente del chapter regionale NY della ISSNAF e professore di radiologia alla NYU.

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La fondazione ISSNAF è nata nel 2008, con 3 premi Nobel tra i fondatori e l’idea principale era quella di mettere insieme la società scientifica, accademica e imprenditoriale qui in Nord America, con lo scopo di creare ponti bidirezionali con l’Italia.
“L’ISSNAF conta circa 4.700 affiliati e ha dei chapter regionali, il primo che è stato fondato è quello di NY, che fondai io nel 2010 con dei talks con professori della NYU. – spiega Lattanzi – Lo scopo dei colloqui è quello di realizzare degli eventi locali come questo, dei seminari, e dare visibilità a vari campi di esperti italiani. L’evento a marzo era intitolato ‘Anti-aging Medicine’ quindi c’erano persone che parlavano di come prevenire l’invecchiamento dalla pelle alle ossa e l’apparato gastro-intestinale. Questo di oggi sulle funzioni cerebrali è il primo di tali seminari con un forte taglio scientifico e le presentatrici erano bravissime. Noi facciamo anche degli aperitivi insieme alle altre associazioni tipo associazioni di avvocati italiani, finanzieri, imprenditori, offrendogli opportunità di networking”.

C’è anche un evento annuale presso l’ambasciata a Washington in cui si riconoscono i ricercatori e gli studiosi di origine o nazionalità italiana che sono attivi nel loro campo nel Nord America. Il tema di quest’anno,L’innovazione attraverso la scienza avrà anche la partecipazione dell’Istituto Italiano di Tecnologia e il Tecnopole nell’area convertita del centro di ricerca.
Perché registrarsi alla ISSNAF?

“Per primo per conoscere altri italiani e comunque sia il networking scientifico è creato sulle collaborazioni, idee per progetti, e poi c’è il networking al di là della scienza a parte delle amicizie, anche gli eventi che facciamo con altre associazioni creano sinergie – sottolinea Lattanza – In più per fare parte della comunità attraverso le newsletter, le email e anche per avere tutte le informazioni e partecipare a questi scambi bidirezionali per studenti, scienziati e studiosi. Registrarsi è gratuito”.

Lattanza esorta gli affiliati a donare per la causa, ed anche chi vuol collaborare con l’ISSNAF è benvenuto. Afferma: “è un modo di dare qualcosa indietro al paese dove tanti di noi abbiamo studiato (Lattanza si è laureato in Italia e ha conseguito il Master al MIT, il dottorato a Harvard-MIT) e per poter sostenere studenti nel futuro”.

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